JEET
THAYIL Narcopolis
|
Bombay,
anni Ottanta. Shuklaji Street è un reticolo febbrile di stanze, stanze per il
sesso, stanze per Dio, stanze segrete che si riducono di giorno e si espandono
di notte. Corre da Grant Road a Bombay Central, e percorrendola a piedi, tra
auto, camion, risciò, biciclette, rifiuti, escrementi e poveri che barcollano
coperti di stracci, si fa il tour dei luoghi della perdizione della città, i
luoghi del piacere e dell’ebbrezza. La croce copta dei cristiani siriani al
collo, l’aria di chi è stato rispedito in India dopo essere finito nei guai a
New York, Dom Ullis si è rifugiato nel bel mezzo di Shuklaji Street, nella
stanza d’oppio di Rashid, la fumeria piú rinomata della strada con le sue
autentiche pipe cinesi. Nel
locale, pregno dell’odore di melassa, sonno e malattia, si è accolti dal
proprietario, braccia e ventre cosí grassi da rendere striminzita ogni camicia.
La
fumeria, però, è per ogni habitué innanzi tutto il regno di Dimple. È lei che,
scuotendo i capelli che le cadono davanti agli occhi, prepara, con mano esperta
ed elegante, le pipe. Quando era appena un ragazzo, Dimple fu condotto in un
bordello di Bombay. Gli diedero una sari rossa e del whisky e poi, con l’aiuto
di un sottile, tagliente bambú, fecero di lui una splendida hijra, un eunuco.
Ha imparato a maneggiare l’oppio e non solo, ha appreso tutto quello che sa
della vita, dell’amore e della morte nel khana, nella fumeria di Mr Lee, un ex
ufficiale dell’esercito cinese che aveva lasciato a Canton passioni, sventure e
fallimenti per aprire a Bombay una fumeria per pochi eletti e rifornirsi di
oppio e di cibo – oppio a bizzeffe, naturalmente, e un minimo di cibo.
È
il regno anche di una singolare compagnia di oppiomani di paesi e fedi
disparate: Newton Pinter Xavier, il pittore il cui senso di colpa cattolico
deflagra producendo effetti devastanti: dipinti che grondano sesso, eresia e
interpretazioni indiscriminate della psicopatologia della vita quotidiana;
Rumi, lo spilungone con il segno castale sulla fronte e il sorriso largo e
strafottente; Salim, il borsaiolo alto e segaligno coi capelli da hippy lunghi
fino alle spalle; e artisti, filosofi, poeti e prostitute che si immergono
nelle loro mirabolanti fantasticherie aspirando oppio.
Con
i suoi amanti e ospiti Dimple discute di Dio e del sesso, dell’amore e del
significato dell’esistenza, della crudeltà della vita e… del Patar Maar, l’assassino
di pietra che gira di notte nei quartieri dei poveri di Bombay e li uccide
metodicamente, come un angelo sterminatore che cerca di mettere fine una volta
per tutte alla loro miseria.
Accolto
entusiasticamente dalla critica e dal pubblico al suo apparire in Inghilterra e
negli Stati Uniti, Narcopolis ci offre un ritratto di Bombay che «muterà per
sempre la maniera in cui siamo abituati a guardarla» (Hari Kunzru): una
multiforme, brulicante metropoli dove la vita pulsa e rivendica i suoi diritti
ovunque, nelle strade dei poveri, nei bordelli piú infimi, nei locali amati da
artisti e poeti; una città onirica e inquieta in cui un’umanità insaziabile,
eccentrica e smodata si svela anche generosa e ricca di poesia e amore.
«Narcopolis
è tutto quello che uno si immagina, ma ha quasi timore di dire – droga, fumerie
d’oppio, sesso e Bombay al centro di tutto – lo splendore della città e la sua
desolazione, i bassifondi e il miscuglio di razze, classi, religione, violenza
e morte… Insomma, Narcopolis è un grande libro».
The
Hungry Reader
«Tre
decenni trascorsi a contemplare Bombay in tutto il suo lussurioso squallore… il
vomito, la violenza, il glamour triviale e la terribile bellezza di una città
trasformati in qualcosa che si annuncia subito come un vero e proprio classico di
culto».
Hindustan
Times
«Coinvolgente
fino all’estremo e narrato con una febbrile e furiosa necessità, Narcopolis ci
offre un mondo che è ad un tempo fantastico e realistico. Jeet Thayil ha
scritto un’opera che può trovare posto solo accanto a un Roberto Bolaño».
«La
Bombay di Jeet Thayil è una città onirica dai sogni inquieti… Narcopolis muterà
per sempre la maniera in cui siamo abituati a guardarla».
Hari
Kunzru
Traduzione
dall’inglese di Vincenzo Mingiardi
Euro
16,50
304
pagine
EAN
9788854505117
PATRICK
DEWITT Arrivano i Sister
Herman
Kermit Warm morirà. Lo ha deciso il Commodore, personaggio enigmatico e potente
di cui nessuno conosce il vero nome. I suoi due scagnozzi, i fratelli Eli e
Charlie Sisters, sono come sempre pronti a scattare sull’attenti e a
occuparsene. Charlie ama il whisky, e ammazzare qualcuno è una faccenda che non
gli dispiace affatto; a Eli accoppare il prossimo, invece, non va tanto a
genio, ma nella vita non ha mai saputo fare altro.
Questa
volta però la preda è un osso duro. Herman Kermit Warm ha in concessione una
miniera d’oro vicino a Sacramento e ha tutta l’aria, stando almeno alle
descrizioni del Commodore, di non rinunciare così facilmente alla sua
pellaccia. Da Oregon City la via per Sacramento non è, infine, così agevole e
vicina. Il viaggio si rivela per i Sisters Brothers una vera e propria odissea
che mette a dura prova i cinici principi di Charlie e la sensibilità di Eli.
Sulla strada per Sacramento i due fratelli incontrano un uomo che piange senza
sosta, una ragazzina intenta ad avvelenare un cane, un gruppo di prostitute
truccate e vestite di pizzi e crinoline, una strega, un orso, un indiano morto,
una banda di cacciatori di pellicce, un dentista di frontiera che offre una
strana e sconosciuta pasta da mettere sui denti per pulirli, una tisica
tenutaria d’albergo di cui Eli si innamora perdutamente.
I
due temuti killer, il cui nome risuona sinistro nelle valli del West, i Sister
Brothers, arrivano a Sacramento così stremati da nutrire dei dubbi sulla loro
missione, sul loro committente, il crudele e misterioso Commodore, e persino
sui principi che hanno ispirato la loro condotta di vita.
Irresistibilmente
comico e commovente insieme, Arrivano i Sister è il romanzo-evento del 2011, l’opera
che ha riscosso l’entusiasmo della critica e dei lettori inglesi e americani.
«Sinceramente,
non ricordo di essermi mai affezionato così tanto a una coppia di psicopatici».
David
Wroblewski
«Una
saga di frontiera entusiasmante, comica e, inaspettatamente, commovente».
Publishers
Weekly
«DeWitt
ha scelto di dar voce a un narratore incredibilmente acuto e originale».
The
New York Times
«Se
Cormac McCarthy avesse senso dell’umorismo, avrebbe potuto scrivere una storia
come questa di Patrick deWitt».
Los
Angeles Times
«Originale,
divertente, violento ma anche impregnato di malinconia. A rendere il tutto
irresistibile è la figura di Eli Sisters, la voce narrante».
Washington
Post
Traduzione
dall'inglese di Marco Rossari
Euro
17,00
304
pagine
EAN
9788854504738
ZSUZSA
BANK I giorni chiari
Ai
margini di un villaggio nel sud della Germania degli anni Sessanta, là dove
cominciano i campi, c'è una casetta di assi sghembe circondata da un giardino
di alberi da frutta. La casa è talmente povera che le porte non hanno serratura
e al cancello non c'è nemmeno una cassetta per le lettere. Là abitano Aja e sua
madre Évi. Un vecchio cappello giallo in testa sottratto all'armadio della
mamma, le mani piccole e i piedi minuti, Aja trascorre gran parte del suo tempo
nel giardino.
Ritta sulle sue lunghe gambe smilze, che sembrano tagliate nel legno, le unghie smaltate fin sopra la pelle, Évi sorveglia la sua bambina mentre con la mano sfiora le lettere di Zigi, suo marito, spedite da qualche remoto angolo del mondo, dove ogni sera si esibisce come trapezista.
Ritta sulle sue lunghe gambe smilze, che sembrano tagliate nel legno, le unghie smaltate fin sopra la pelle, Évi sorveglia la sua bambina mentre con la mano sfiora le lettere di Zigi, suo marito, spedite da qualche remoto angolo del mondo, dove ogni sera si esibisce come trapezista.
Le
rare volte in cui Zigi compare al cancello di casa, è una festa. I capelli
sulla faccia, i ricci arruffati che se ne vanno in tutte le direzioni, un paio
di scarpe scure con il cuoio crepato sui lati che, con le stringhe slacciate,
misteriosamente non scappano via, Zigi salta indietro sulle mani e torna sui
piedi come se volasse per il giardino di Évi. Allora Aja lo guarda orgogliosa e
Seri e Karl, i suoi piccoli amici, sgranano gli occhi per lo stupore.
Ma
poi ad Aja non restano che giorni, settimane e mesi in cui di Zigi vi è solo un
fascio di disegni tra le tazze del mattino o tra le calze e le camicie riposte
nei cassetti.
Anche
Seri e Karl, tuttavia, devono fare i conti con mancanze dolorose.
Seri
era nata da poco quando sul ponte del traghetto legato a una riva del Neckar,
sotto i rami dei salici e nella luce gialla del pomeriggio, suo padre si portò
improvvisamente le mani al petto e alla gola e si spense poi tra le braccia di
sua madre.
Una
tragedia, misteriosa e straziante ha offuscato, invece, l'infanzia di Karl: in
una bella giornata di primavera, il suo fratellino è salito sull'auto di uno
sconosciuto ed è scomparso nel nulla.
Come
per un incanto, la vita in comune dei tre bambini, nell'atmosfera stralunata e
idilliaca del villaggio e del giardino di Aja, sembra rimuovere ogni lutto. I
giorni chiari e lieti dell'infanzia hanno il sopravvento, e l'esistenza è
spensierata sotto lo sguardo amorevole delle madri. I ragazzi si giurano
amicizia eterna e si scambiano la promessa di restare per sempre fedeli ai
sogni dell'infanzia.
La
vita adulta, però, coi suoi compromessi e le sue disillusioni, le sue sconfitte
e i suoi lati oscuri, è in agguato. Venti anni dopo, trascorsi gli anni
dell'università e un soggiorno comune a Roma, Aja, Seri e Karl si ritrovano nel
villaggio della loro infanzia a fare i conti con insospettabili segreti
familiari, a lungo gelosamente custoditi, e con inimicizie e tradimenti
inaspettati.
I
giorni chiari è un grande romanzo che, con uno stile sospeso e struggente,
cattura il lettore e lo porta per mano attraverso un mondo incantato.
«Una
musica coi mezzi della poesia, una fiaba in forma di romanzo che narra di tre
ragazzi scacciati dal paradiso dell'infanzia».
Neue
Zürcher Zeitung
Un
grande romanzo «amato dai lettori... sull'amicizia e l'amore, la fedeltà e il
tradimento, e la fugacità dell'idillio».
Literaturzeitschrift
L'infanzia
incantata di Aja, Seri e Karl in un romanzo in cui «è la vita stessa che parla».
Die
Zeit
Traduzione
dal tedesco di Riccardo Cravero
Euro
18,00
464
pagine
EAN
9788854505681
SARAH
QUIGLEY Sinfonia Leningrado
È
l’inverno del 1941 a Leningrado. La città è stretta nella morsa dell’esercito
tedesco e sembra frantumarsi sotto le granate nemiche. I corpi dei caduti
vengono ammassati ai lati della Prospet tiva Nevskij. Le donne ridotte a
stecchini arrancano ince spicando fino alla Neva, per attingere acqua
attraverso le buche ricavate nel ghiaccio. Ovunque, suoni terribili: lo
stridore delle slitte cariche di cadaveri, le terrificanti esplosioni dei
candelotti di dinamite impiegati per scavare enormi fosse comuni, l’ululato dei
cani e dei gatti randagi uccisi per sfamarsi.
Per
le strade della città, dove esseri umani strisciano come spettri in mezzo a mucchi
di rifiuti sperando di rimediare qualche avan zo, per poi morire lì dove si
trovano, Karl Il’icˇ Eliasberg, il direttore dell’Orchestra Radiofonica di
Leningrado, avanza a fatica. È reduce da un incontro con il direttore della
radio e con i responsabili del Dipartimento delle Arti. Gli hanno trasmesso un
ordine di danov, il segretario del partito che guida la difesa della città, un
ordine che non ammette repliche: ricostituire l’Orchestra Radiofonica, sciolta
per la morte di buona parte dei suoi componenti e per l’inedia dei musicisti
sopravvissuti, per eseguire la Settima Sinfonia che Dmitrij Šostakovicˇ ha
appena terminato lontano da Leningrado.
Danov
si è già procurato la partitura, arrivata in aereo da Mosca sorvolando le linee
nemiche, ed è convinto che, eseguita a Leningrado, dove è stata in gran parte
scritta durante i primi mesi dell’assedio, la sinfonia può sollevare il morale
non solo della città, ma anche degli uomini al fronte.
Eliasberg
è paralizzato dalla paura e dal desiderio. Mai in vita sua gli è stata offerta
un’opportunità del genere, e mai la posta è stata così alta. Dirigere la più
grande sinfonia che Šostakovicˇ abbia scritto! Un onore che sarebbe certamente
toccato a Mravinskij, se il direttore della Filarmonica di Leningrado non
avesse, grazie alle sue amicizie altolocate, scavalcato le linee nemiche a
bordo di un aereo.
Tuttavia,
come portare a termine quel compito così imponente con i pochi musicisti
rimasti, stremati dalla fame e con le mani e i piedi tormentati dai geloni, e i
volti di un pallore mortale e coperti di piaghe? Come ridestare l’entusiasmo
per la grande musica in chi, durante le battute di riposo, mette la testa tra
le ginocchia o posa gli strumenti quasi siano di piombo?
Magnifico
romanzo che narra di un piccolo eroico gesto – il gesto di un solitario, timido
direttore d’orchestra che, con l’aiuto di un violinista e di un gruppo di
musicisti straziati dalla fame e dal freddo, riesce a eseguire una Sinfonia che
ha avuto un’importanza enorme nella vittoriosa resistenza contro la barbarie
nazista – Sinfonia Leningrado mostra come l’arte «possa avere un impatto enorme
sugli eventi» (Sunday Star Times).
«La
storia della creazione e dell’esecuzione di un capolavoro che è essa stessa un
capolavoro».
Nelson
Mail
«Un
romanzo straordinario, una sinfonia sul potere dell’amore: l’amore per la
musica, per la propria casa, per la famiglia, per la propria città; e l’amore
di Sarah Quigley per
la scrittura. Ogni singola frase contiene tutti questi sentimenti, e al tempo
stesso è caratterizzata da un’inattesa e toccante leggerezza d’essere. Un
trionfo a ogni livello».
New
Zealand Herald Canvas Magazine
«Il
nuovo romanzo di Sarah Quigley si presenta sulla scena con tutta l’autorità e
la sicurezza della sinfonia di Shostakovich, la cui stesura è al centro della
narrazione. Lo stile dell’autrice è diretto, ma sottile… Il miglior romanzo
degli ultimi anni».
North
and South
«Nel
suo romanzo, Sarah Quigley dimostra come le passioni possano spingere gli
esseri umani a lottare oltre i propri limiti, per appagare i desideri del loro
cuore».
New
Zealand Bookseller blog
«Un
ritratto vivido… Shostakovich resta un personaggio imponente, irascibile e
brillante, ma a condurre la narrazione è la trasformazione di Eliasberg, spinto
dalle necessità della guerra a dar voce alla sinfonia vittoriosa del grande
compositore».
New
Zealand Listener
«Standing
Ovation… Uno straordinario ritratto di una città assediata e stremata, e un
racconto potente di come la musica possa avere un impatto sugli eventi».
Sunday
Star Times
Traduzione
dall'inglese di Chiara Brovellii
Euro
17,00
384
pagine
EAN
9788854505902
ANTHONTY
CAPELLA Il profumo del caffe'
Londra,
1896. Robert Wallis ha ventidue anni e conduce una pigra esistenza da esteta,
tra oppio, vaghe aspirazioni letterarie, una raffinatezza ricercata e languidi
incontri con donne di facili costumi. Vive in un limbo ozioso: non più
studente, dopo l’espulsione da Oxford, non ha alcuna fretta di trovare lavoro,
assistito com’è dalla benevola munificenza del padre. Il giovane bohémien
ignora però di avere un dono prezioso: un palato molto sensibile e una plume
precisa ed elegante, capace di tradurre in parole ogni sfumatura del gusto.
Il
caso vuole che un giorno capiti al Café Royal, la brasserie frequentata da
Robert e da una nutrita schiera di eccentrici nullafacenti come lui, Samuel
Pinker, un mercante di caffè basso come uno gnomo e dall’aria compunta e sobria
come la sua finanziera senza fronzoli. Perspicace come pochi, Pinker assolda il
giovane esteta per un progetto rivoluzionario: creare un cofanetto di aromi per
dare al caffè un lessico universale. Il mercante ha una figlia, Emily, una
ragazza dal viso espressivo e vivace, e dai ca pelli setosi e dorati raccolti
in una crocchia severa. La razionalità e tenacia di Emily, allevata dal padre
all’insegna del progresso e della modernità, compensano perfettamente la
mollezza sensuale di Robert e, con grande disappunto di Pinker, tra i due nasce
un amore condito da profumi e sapori afrodisiaci.
Al
mercante non resta allora che sfidare Robert, invitandolo a mostrare di essere
ben altro dall’uomo privo di nerbo che tutti credono sia. Lo spedisce perciò in
Africa, nella regione dell’Abissinia conosciuta con il nome di Kaffa, a
sud-ovest di Harar, col compito di creare una piantagione in quella terra
perfetta per la coltivazione del caffè.
La
bella Fikre, la schiava dagli occhi chiarissimi e dalle labbra color melagrana,
e una terra dove tutto appare sotto il segno della passione più selvaggia sono,
tuttavia, fatali per Robert. Il giovane bohémien non porta a termine il
progetto della piantagione e, una volta tornato a Londra, trova il suo mondo
completamente mutato, svanito nell’inesorabile scorrere del tempo. Emily è
diventata un’entusiasta sostenitrice della causa delle suffragette ed è
apparentemente dimentica del suo passato legame con Robert. Ma si può davvero
dimenticare un amore sorto tra gli infiniti aromi di un’ammaliante bevanda
nera?
«Una
vicenda erotica, esotica, ambientata all’inizio del XX secolo, a opera di
Anthony Capella, autore di celebri romanzi di tema gastronomico. Una trama
ricca di immaginazione e una prosa profondamente descrittiva».
The
Economist
«I
colpi di scena sorprendenti e il realismo della storia d’amore sapranno
affascinare un vasto pubblico».
Publishers
Weekly
«Una
narrazione veloce sostenuta dall’eccellente caratterizzazione dei due
protagonisti, Wallis ed Emily, da parte di Capella».
Kirkus
Review
«Anthony
Capella crea un eccellente infuso tra storia e stile che comincia dolcemente,
per trasformarsi in una miscela ricca e piena».
Library
Journal
Traduzione
dall’inglese di Maddalena Togliani
Euro
18,00
528
pagine
EAN
9788854505797
OLIVER
POETZSCH La figlia del boia
Baviera,
1659. Sulla riva di un fiume nei pressi della cittadina di Schongau viene
trovato agonizzante il figlio undicenne del barconiere Grimmer. Il tempo di
adagiarlo con cura a terra, di esaminargli il profondo taglio che gli squarcia
la gola, di scoprire sotto la sua scapola destra uno strano segno impresso con
inchiostro viola – un cerchio sbiadito dalla cui estremità inferiore parte una
croce – che il bambino muore. Qualche tempo dopo i bottegai Kratz si imbattono,
davanti alla porta di casa, nella macabra scoperta del loro piccolo Anton, il
figlio adottivo, immerso in un lago di sangue, la gola recisa con un taglio
netto. Sotto una scapola del bambino viene trovato il medesimo segno del figlio
del barconiere: il cerchio di Venere che simboleggia la donna come controparte
dell’uomo, la vita, ma anche la continuazione della vita dopo la morte… il
simbolo delle streghe. Peter Grimmer e Anton Kratz si conoscevano. Insieme con
la piccola Maria Schreevogl e altri due bambini costituivano uno sparuto gruppo
di orfani che era solito frequentare Martha Stechlin, la levatrice di Schongau
che vive proprio accanto ai Grimmer.
Sicché quando la piccola Maria, la mattina dopo che la madre adottiva scorge, lavandola nella tinozza, il fatidico cerchio sbiadito sulla sua spalla destra, scompare al seguito di una diabolica figura con una mano di ossa, gli abitanti di Schongau non hanno dubbi: la strega assassina è la levatrice, Martha Stechlin. È lei che ha tagliato la gola ai due bambini, è lei che, con un incantesimo, ha chiamato il demonio che ha rapito Maria.
Sicché quando la piccola Maria, la mattina dopo che la madre adottiva scorge, lavandola nella tinozza, il fatidico cerchio sbiadito sulla sua spalla destra, scompare al seguito di una diabolica figura con una mano di ossa, gli abitanti di Schongau non hanno dubbi: la strega assassina è la levatrice, Martha Stechlin. È lei che ha tagliato la gola ai due bambini, è lei che, con un incantesimo, ha chiamato il demonio che ha rapito Maria.
Il
destino di Martha Stechlin sembra così segnato. Messa nelle mani del boia di
Schongau perché le sia estorta formale confessione, attende di essere spedita
al rogo.
Jakob
Kuisl, il boia di Schongau, un gigante alto quasi due metri, la barba nera e
spinosa, le lunghe dita ricurve simili ad artigli, non crede però alla
colpevolezza della levatrice. E con lui non credono che la dolce Martha sia una
strega anche sua figlia Magdalena, un’attraente ragazza dalle labbra carnose,
le fossette sulle guance e gli occhi ridenti, e Simon Fronwieser, il figlio del
medico cittadino, un giovane con la chioma fino alle spalle e il pizzetto
spuntato sul mento così ben visto tra il gentil sesso di Schongau.
I
tre indagano per cercare di ribaltare una sentenza che sospettano sia stata
scritta solo per convenienza politica e, soprattutto, per nascondere una verità
inconfessabile. Una verità che, per Jakob, Simon e Magdalena, può emergere solo
nel giro di una settimana, il tempo che resta prima che il rogo venga
approntato.
Attraverso
un’impeccabile e suggestiva ricostruzione storica della società tedesca del
Seicento, La figlia del boia conduce il lettore in un’epoca di superstizioni e
follie collettive e delinea una stupefacente figura propria di quel mondo: il
boia, un uomo temuto, emarginato e, ad un tempo, un esperto erborista e un
illuminato.
«Della
Figlia del boia ho amato ogni pagina e ogni colpo di scena. Un romanzo storico
di magnifica inventiva e con un protagonista sorprendente: un boia fornito di
anima che lotta contro i pregiudizi e i tornaconti politici per salvare una
strega da se stesso».
Scott
Turow
«Oliver
Pötzsch, nel cui albero genealogico sono presenti diversi boia, mestiere che si
tramandava di padre in figlio, ci offre un avvincente romanzo storico ricco di
dettagli sul tessuto sociale e sulla struttura del potere politico nella
Baviera del XVII secolo».
Publishers
Weekly
«Un
panorama storico molto approfondito, ricco di informazioni sugli strumenti di
tortura, sull’utilizzo di erbe medicinali e sulla vita quotidiana di
commercianti e ostetriche. Un romanzo dal quale il lettore difficilmente
riuscirà a staccarsi».
Nürnberger
Zeitung
Traduzione
dal tedesco di Alessandra Petrelli
Euro
16,90
342
pagine
EAN
9788854505735
MAGGIE
SHIPSTEAD Festa di nozze
A
Waskeke, un’isola del New England, in cima a una collinetta erbosa, spicca una
casa alta e stretta, la cui facciata semplice, rivestita di assi grigie, parla
di agi e sobrietà, di benessere e riserbo.
È
la casa di Winn van Meter da vent’anni, da quando Livia, la sua secondogenita,
era ancora in fasce e, per venti estati, il tempo e l’abitudine l’hanno
trasformata in un sacro monolite sopra il quale il cielo estivo continua a fare
capriole.
In
quella casa si sta per svolgere la festa di matrimonio di Daphne, la
primogenita di Winn e Biddy. Tra le sue mura, con disappunto di Winn, è tutto
un viavai di damigelle e di altre vestali del sacro fuoco delle nozze. Biddy,
la moglie di Winn, bada ossessivamente ai preparativi. Livia, shorts azzurri e
gambe magre, si aggira come sempre accompagnata da una ventata d’aria di mare.
Daphne, come al solito, nasconde i suoi moti interiori dietro uno specchio
fumoso di dolcezza e serenità. Sta per sposare Greyson. Un’ottima scelta, agli
occhi di Winn, poiché Greyson è sempre affabile ed è già avviato sulla strada
per guadagnare una fortuna.
Winn,
insomma, dovrebbe essere felice. Ma c’è qualcosa che l’angustia, qualcosa che
gli dice che quella festa di nozze può anche trasformarsi in un infido percorso
a ostacoli disseminato di occasioni di dire o fare qualcosa di sbagliato.
Sarà
forse la sicura presenza alla cerimonia di Jack Fenn e di sua moglie Fee, ex
fiamma di Winn? Quel Jack Fenn, membro della commissione d’ammissione del
Pequod, il piú esclusivo club di golf di Waskeke che da anni lo tiene nella
triste condizione di guest senza mai accoglierlo tra i suoi illustri soci?
Oppure
il pericolo per lui, Winn, rispettabile bostoniano nei suoi tardi cinquant’anni,
è rappresentato da Agatha, la giovane damigella di Daphne, un autentico
esemplare di bomba sexy dalle morbide curve e l’aria di incurante e consumato
disordine coi suoi vestitini bordati di pizzo, i pantaloni pericolosamente
scesi sui fianchi, gli shorts che, pur soddisfacendo i requisiti della decenza,
danno un’inconfutabile impressione di nudità?
Con
una prosa elegante, illuminata da una frizzante e caustica ironia, Festa di
nozze descrive una società ottusamente elitaria che si muove tra cene a base di
aragosta, bloody mary e gin tonic, feste sfarzose e inarrivabili golf club
assurdamente esclusivi: un mondo in cui il denaro e il prestigio sono tutto, ma
che si sgretola sotto la spinta fatale della tensione erotica e sociale che vi
fa improvvisamente irruzione.
«Maggie
Shipstead è una scrittrice dotata di incredibile talento e Festa di nozze è un
formidabile romanzo che commuove e diverte a un tempo».
Richard
Russo
«Il
mondo della buona società, dove le convenzioni celano le verità piú oscure».
Easyliving
«Maggie
Shipstead ha scritto un romanzo che ha la stessa profondità delle opere di Anne
Tyler. La sua commedia, seppure sarcastica, non è mai crudele, ma svela una
raffinata conoscenza psicologica dei propri personaggi».
Book
Oxygen
«La
brezza marina che spira nelle pagine di Festa di nozze è l’affetto che Maggie
Shipstead nutre per i suoi personaggi viziati, il segno della delicatezza con
cui tratta le loro pene e i loro desideri».
Ron
Charles, The Washington Post
«Un
romanzo sofisticato e ironico su famiglia, infedeltà, status sociale e crisi di
mezza età. Difficile credere che sia davvero un esordio».
Marie
Claire
Traduzione
dall’inglese di Lucia Olivieri
Euro
17,00
368
pagine
EAN
9788854505124
IRVIN
YALOM Il problema Spinoza
Estonia,
1910. Il diciassettenne Alfred Rosenberg viene convocato nell'ufficio del
preside Epstein. Gli occhi grigio-azzurri, il mento sollevato con un'aria di
sfida, i pugni serrati, il ragazzo adduce ben poco per difendersi dall'accusa
di aver proferito violenti commenti antisemiti in classe. All'ebreo Epstein
non resta perciò che condannarlo a una singolare punizione: imparare a
memoria alcuni passi dell'autobiografia di Goethe, il poeta che l'adolescente
dichiara di venerare come emblema stesso del popolo tedesco. In particolare
si tratta dei brani in cui l'autore del Faust si dichiara fervente ammiratore
di Baruch Spinoza, il grande filosofo ebreo del diciassettesimo secolo.
La
lettura insinua nella mente del giovane Rosenberg un tarlo che lo accompagnerà
per il resto della vita: come può il sommo Goethe aver tratto ispirazione da
un uomo di razza inferiore? Amsterdam, 1656. Bento, in ebraico Baruch,
Spinoza ha ventitré anni: la sua famiglia è di origine portoghese, sfuggita
all'Inquisizione e riparatasi nella più tollerante Olanda. L'aspetto del
giovane Baruch è distinto e raffinato: i lineamenti aggraziati, la pelle
priva di imperfezioni, gli occhi grandi, scuri e profondi. E, dietro quegli
occhi, una mente che non esita a elaborare pensieri eccentrici sulla fede, e
idee sul mondo così poco ortodosse da attirare il sospetto di eresia.
Bento
di nascosto si istruisce sulla lingua e le idee di Aristotele e dei grandi
filosofi greci presso l'accademia di Franciscus van den Enden, un elegante
uomo di mondo, quel mondo esterno così inviso alla comunità ebraica.
Con
iniziale sgomento di Spinoza, van den Enden addirittura osa affidare parte
dell'insegnamento alla figlia Clara Maria, una giovane dal collo lungo e il
sorriso seducente di cui Baruch si invaghisce a tal punto da concepire
pensieri impuri e desideri impronunciabili tra le mura della comunità.
Il
risultato di questa educazione filosofica e sentimentale è scontato: il
giovane pensatore viene scomunicato e costretto a condurre una vita solitaria
e appartata, che lo porterà tuttavia a produrre opere sublimi per profondità
e drammaticità. Opere che trecento anni dopo non smettono di tormentare,
sotto forma di incessanti domande, l'«ariano» Rosenberg, divenuto uno dei
fondatori del partito nazista e stretto collaboratore di Hitler: davvero
Baruch Spinoza, quest'uomo appartenente a una razza da sterminare, è riuscito
a sviluppare un pensiero filosofico così lucido e geniale? O forse il segreto
della sua genialità non sta nella sua mente, ma altrove? Magari nella sua
piccola biblioteca personale, su cui la guerra consente di mettere le mani?
Dopo
aver indagato i fantasmi della mente di Nietzsche e Schopenhauer, Yalom
illumina la vita misteriosa e controversa di Baruch Spinoza nella Amsterdam
del Seicento e l'ossessione per le sue opere nella Germania antisemita del
secolo scorso.
«Un'invenzione
magistrale che fa rivivere la filosofia di Spinoza attraverso la storia della
Germania nazista e la figura di Alfred Rosenberg».
Abraham
Verghese
«Il
romanzo più affascinante che ho letto negli ultimi anni. Irvin Yalom ha
creato un'opera così intensa che è impossibile metterla da parte. La
consiglio vivamente».
Anthony
Hopkins, attore
Traduzione
dall’inglese di Serena Prina
Euro
17,50
448
pagine
EAN
9788854504479
ERIK
LARSON Il giardino delle bestie
Questo
libro narra della storia vera di William E. Dodd e di sua figlia Martha, un
padre e una giovane donna americani che si ritrovano improvvisamente
trapiantati dalla loro accogliente casa di Chicago nel cuore della Berlino
nazista del 1934.
Sessantaquattro
anni, snello, gli occhi grigio-azzurri e i capelli castano chiaro, nel 1933
William E. Dodd è un rispettabile professore di storia all’università di
Chicago, con una certa notorietà per i suoi scritti sul Sud degli Stati Uniti
e la sua biografia di Woodrow Wilson.
Fervente
democratico jeffersoniano, a suo agio soltanto negli ambienti frugali della
sua piccola fattoria di campagna, Dodd ha una moglie, Mattie, e due figli:
William Jr – Bill – e Martha, la prediletta. Ventiquattro anni, i capelli
biondi, gli occhi azzurri e un sorriso radioso, Martha ha un’immaginazione
venata di romanticismo e un atteggiamento cosí civettuolo, da avere già
acceso la passione in molti uomini.
La
vita di questa famiglia americana, a detta di tutti felice e unita, muta
radicalmente nel giugno del 1933. Mentre siede alla sua scrivania all’università,
Dodd riceve una telefonata da Franklin Delano Roosvelt, il presidente degli
Stati Uniti, che gli annuncia la sua intenzione di nominarlo a capo della
rappresentanza diplomatica americana a Berlino.
Dodd
è tutto fuorché il candidato modello per un simile incarico. Non è ricco, non
è politicamente influente e non appartiene nemmeno alla cerchia degli amici
di Roosvelt. Certo, ha conseguito un dottorato a Lipsia e conosce il tedesco,
ma nulla piú.
Tuttavia,
per Roosvelt è un ambasciatore perfetto per un paese che, tra la crisi
economica dilagante e un altro rovinoso anno di siccità, rappresenta per l’America
soltanto una seccatura: la seccatura di un miliardo e duecentomila dollari,
debito che Berlino ha contratto con gli Stati Uniti, e che Hitler si mostra
sempre meno propenso a voler saldare.
Ed
è cosí che, al loro arrivo, William e Martha Dodd si ritrovano ad
attraversare una città addobbata di immensi stendardi rossi, bianchi e neri;
a sedere negli stessi caffè all’aperto frequentati dalle SS in uniforme nera;
a passare davanti a case con balconi traboccanti di gerani rossi; a fare
acquisti nei giganteschi empori della città, a organizzare tè, aspirare le
fragranze primaverili del Tiergarten, il parco principale di Berlino; ad
avere rapporti sociali con Goebbels e Göring, in compagnia dei quali cenare,
danzare e divertirsi allegramente; finché, alla fine del 1934, accade un evento
che smaschera la vera natura di Hitler e del potere a Berlino, la grande e
nobile città che agli occhi di padre e figlia si svela per la prima volta
come un immenso Tiergarten, un giardino delle bestie.
«Una
magnifica, struggente… irresistibile storia vera».
New
York Times
«Come
Addio a Berlino di Christopher Isherwood, Il giardino delle bestie è la
cronaca diretta di una società che precipita lentamente nella follia».
Chicago
Sun-Times
«Larson
ha meticolosamente ricostruito il soggiorno di Dodd a Berlino, in qualità di
testimone diretto dell’ascesa al potere di Hitler, e ha narrato di questa
parte non del tutto nota della storia nella forma di un vero e proprio
thrillerpolitico».
New
York Times Book Review
«È
come scivolare lentamente in un incubo, con la logica distorta e la moralità
capovolta… Tutto viene restituito con potente, inquietante immediatezza».
Vanity
Fair
«Uno
sconvolgente racconto di un’epoca terribile, che ripropone una domanda
riguardo al nazismo cui non è stata ancora data una risposta soddisfacente:
quali mezzi sono necessari per rendere inoffensiva la bestia, per evitare l’estrema
malvagità di cui sono capaci alcuni esseri umani?».
Seattle
Times
Traduzione
dall’inglese di Raffaella Vitangeli
Euro
18,00
560
pagina
EAN
9788854505742
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