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domenica 30 gennaio 2011

Il caffè della domenica con le amiche

Quando andavo a scuola odiavo la domenica. 
Non chiedetemi perché. Forse non lo so nemmeno, o forse è solo troppo personale ad dirsi qui. 
Sta di fatto che la odiavo, e accoglievo il lunedì come una benedizione, nonostante la scuola, i compiti e le levatacce al mattino (sì, sono una pigrona).
Negli anni la mia insana passione per il lunedì è rimasta - ho cercato più volte di spiegarmela, l'ipotesi più sensata è che vedo ogni lunedì come una sorta di nuovo inizio, il giorno che apre un nuovo ciclo in cui poter sovvertire l'andamento delle cose (illusa) - mentre l'odio per la domenica è andato scemando sempre più, fin quasi a esaurirsi. Anche qui per motivazioni estremamente personali e sospetto in parte inconsce.
Sta di fatto che a oggi per me la domenica è una giornata estremamente piacevole, in cui rilassarsi e perdersi in fantasie più o meno realizzabili. 
Ma il momento in assoluto più bello della domenica è il caffè pomeridiano con le mie amiche. 
E già sul caffè, ci sarebbe da aprire un capitolo intero... a costo di sfiorare il cliché, non è forse vero che la maggior parte degli scrittori sono coffee-addicted? Mi rifiuto di credere che sia solo una trovata pubblicitaria dell'Hag. E i gatti allora? Non vorrete dirmi che il miglior amico di uno scrittore è il cane, vero? Bando alle ciance, scrittrice o no, I love coffee.
Come spiegare a chi non lo beve la magia del suo profumo al mattino, quell'odore di fornelli bruciacchiati, colazione, fumo e cielo assonnato che si risveglia dopo la lunga notte? 
Aprire gli occhi e sentire l'odore del caffè, c'è forse un risveglio migliore? (Sì c'è, e voi lo sapete meglio di me. Ma in questa sede non è il caso.) 
E il poi quel gusto caldo che sembra quasi scorrere nelle vene, che ti trasmette una scarica insieme di adrenalina e conforto; è voglia di fare, energia, calore, buonumore e forza. Non importa quanto ti senti uno straccio al mattino... sta' sicuro che dopo un bel caffè caldo starai sicuramente meglio.
Ma il caffè è impagabile anche come breack tra un capitolo e un altro, tra una frase che proprio non vuol suonare bene e una sensazione che non riesci a ingabbiare in nessun aggettivo.
Il mio Mac, una trama ancora da svelare... e una tazza di caffè
Peccato che sono proprio quelle le sensazioni più belle: quelle che ti appartengono solo per qualche secondo, poi volano via, libere e sconosciute, lasciandoti un vago ricordo che sfumerà fino a perdersi del tutto quando cercherai di farlo tuo. 
Forse Dio ha deciso che quelle sensazioni non appartengono a nessuno, e possono essere nostre solo per brevi istanti. O forse sono talmente abbaglianti che il cervello non può sopportarle, né tanto meno il linguaggio può imbavagliarle. Ma non divaghiamo. dov'eravamo rimasti? 
Ah sì, il caffè. Il caffè e lo scrittore, nella fattispecie io.
Anche il caffè ha un senso diverso a seconda dei momenti e delle persone. Il mio caffè della domenica alle volte riesce perfino a riscattare una settimana di m... puntini puntini. 
E sì perché passare del tempo con loro, le mie amiche di sempre, davvero non ha prezzo. Ci raccontiamo, ci confortiamo, ridiamo e perché no, spettegoliamo in abbondanza... cambiano gli ingredienti e anche le quantità, a seconda degli eventi e degli stati d'animo, ma quello che non cambia, e spero non cambierà mai, è la silenziosa complicità, il gioioso senso di aspettativa, la voglia tutta al femminile di ritrovarsi e poter essere sé stesse almeno per un po', almeno fino a quando toccherà indossare di nuovo la maschera di brave fidanzate/lavoratrici/studentesse/figlie e quant'altro. 
Alla faccia di chi non crede all'amicizia tra donne!
E Dio benedica il caffè.

sabato 29 gennaio 2011

Torta all'Arancia

- Premessa. A chi si chiede cosa c'entrino i dolci in un blog letterario, posso solo rispondere che per me lettura e scrittura sono piaceri al pari di una buona torta o di golosi biscotti. E personalmente trovo fantastica l'abbinata dolci/libri ;-)! - 
***
Noi scrittori, da persone fantasiose quali (generalmente) siamo, molto spesso tendiamo a voler sperimentare questa fantasia in ambiti che poco o nulla centrano con la letteratura: nel mio caso - avendo ottenuto ben scarsi risultati con la pittura e il lavoro a maglia - ho deciso di "ripiegare" sulla cucina che poi tanto un ripiego non è, dal momento che amo mangiare e amo creare manicaretti con le mie mani, soprattutto se si tratta di dolci e biscotti. 
Anche qui, aimè, i risultati talvolta sono scarsi, ma non smetto di provarci. 
Oggi ho fatto una buonissima ciambella all'arancia che ho visto al programma tv Cotto e Mangiato di Benedetta Parodi. 
E' venuta bene, è facile da fare e non eccessivamente calorica.

INGREDIENTI

- Burro, 80 gr;
- 2 uova;
- Zucchero, 130 gr;
- Farina, 200 gr;
- Succo di 3 arance e scorza di una;
- Lievito;

REALIZZAZIONE


Sciogliere il burro e mescolarlo con 100 gr di zucchero fino a ottenere una crema omogenea. Separare i tuorli dagli albumi. Aggiungere i tuorli e la scorza grattugiata da un'arancia alla crema. Spremere due arance e aggiungere il succo alla crema. Aggiungere anche gli albumi montati a neve e mescolare il tutto.
Infine aggiungere la farina e il lievito. Cuocere a 180 gradi per mezz'ora.

Glassa per guarnire:
In un pentolino mescolare il succo di un'arancia con 30 gr di zucchero per tre o quattro minuti, poi spennellare la miscela zuccherina sulla ciambella.

Ideale per le merende invernali, da accompagnare con un caffè e un buon libro!

venerdì 28 gennaio 2011

Come Closer

Ieri sera, dopo secoli, l'ho rivisto con Emme... è un film che mi angoscia, non ci sono parole per dire quanto. E' desolante, inquietante, amaro, contorto, machiavellico e... fin troppo veritiero.
In maniera parossistica certo, ma l'umanità dei personaggi è realisticamente credibile. E ti lascia addosso un certo qual disgusto.
Nemmeno tutta la bellezza di Jude Law - e io lo amo, credetemi - riesce a rendere meno patetico, deprimente e squallidamente immaturo il personaggio di Dan da lui interpretato.
Ma non è che poi si salvi qualcuno in questo film; semplicemente Dan mi disturba particolarmente perché è la fotocopia precisa di una persona che conosco. Sostanzialmente quando finisci di vedere questo film pensi "Dio, ho voglia di una boccata di aria pura!"
E poi "grazie a Dio ne sono fuori!". Ma la domanda è: chi di noi può dire di esserne davvero fuori? Attore o spettatore non fa differenza.


"Dimmi, è perché lei è una di successo?"
"No, è perchè lei... non ha bisogno di me."


"Il tradimento è brutale, io non mi illudo che non sia così."
"Com'è? Com'è che funziona? Come si fa questo a qualcuno?"
"Mi sono innamorato, Alice."
"Come se non avessi avuto scelta! C'è un momento, c'è sempre un momento! 
Questa cosa può succedere oppure io posso resistere! Io non so il tuo momento quand'è stato, ma sono sicura che c'è stato..."

L'eterno splendore della mente immacolata

Il film Se mi lasci ti cancello racconta una storia d'amore, quella di Joel (Jim Carrey) e Clementine (Kate Winslet). 
I due si conoscono, si amano, ma come molte storie d'amore anche la loro è destinata a sgretolarsi sotto il peso di incomprensioni, litigi, insofferenze e scontri, finché un bel giorno Clementine decide di cancellare Joel dalla sua vita e dalla sua mente.
Quando Joel lo scopre, infuriato, decide di fare lo stesso e si affida anch'egli alla clinica Lacuna, specializzata nella cancellazione selettiva dei ricordi. 
Inizia così un viaggio nelle mente di Joel, alla ricerca dei ricordi da cancellare, ricordi brutti ma soprattutto belli, quelli remoti, quelli delle prime volte e dei momenti felici. 
Man mano che vengono rivissuti Clementine sparisce da ognuno di essi... il resto non lo racconto, sta a voi scoprirlo se vi farà piacere! 
Uno dei momenti più toccanti in assoluto, quello dove puntualmente piango, è quando - purtroppo non l'ho trovata la scena su you-tube! - Joel rivive un momento in cui erano felici, facevano l'amore e sotto le coperte si sussurravano "ti amo", e si rende conto di quello che sta facendo, si aggrappa a quel ricordo e capisce che non può cancellarlo.
Non aspettatevi una commedia, perchè non lo è. 
Piuttosto un dramma... ma non so, è un film che esula un pò dalle definizioni. Ma che fa pensare tanto. Sull'inconsistenza della vita, dell'amore... in fondo che cosa rimane a noi del passato, delle vecchie storie, se non un mucchio di ricordi? 
E i ricordi di per sé non sono forse un'inutile zavorra che ci portiamo dietro e che ci preclude l'accesso alla felicità? 
Forse l'unica felicità possibile è quella della "mente inconsapevole", di colui che inizia ogni giornata come se fosse sempre la prima, senza passato nè memoria... o meglio, senza la memoria del dolore, senza il ricordo della fine, della degenerazione dell'amore, dell'oblio, dell'inconsistenza dei sentimenti umani. 
Ma è felicità questa? Non è molto più doloroso perdere per sempre anche il ricordo di chi abbiamo amato?
Per quanto mi riguarda ho sempre pensato che i ricordi, anche quelli belli, rechino comunque con sè un pizzico di dolore... per qualcosa che c'è stato e che non ci sarà più, perlomeno non così, non in quel tempo, non in quel modo, non con quella intensità... ma in fondo chi siamo noi, se non l'evoluzione di tutto ciò che siamo stati, che abbiamo provato e vissuto? E se si tratta di un'evoluzione in negativo e non in positivo? 
E' davvero possibile conservare integra la nostra anima cancellando anelli importanti della nostra esistenza? 
Il film non da risposte, solo un mucchio di domande.


"Beati gli smemorati, 
perchè avranno la meglio anche sui propri errori" (F. Nietzsche)

giovedì 27 gennaio 2011

My days

Mamma mia che colpo che mi è preso ieri sera! Per un inghippo assurdo ho perso dieci anni di vita e rischiato di mandare all'aria un progetto a cui tengo moltissimo... ho passato una notte agitatissima in cui questa cosa mi è tornata mille volte in mente in ogni sogno, mi sono svegliata stanca e con un magone indescrivibile. Per fortuna "l'allarme" è rientrato nell'arco della mattinata e ho potuto tirare un sospirone di sollievo! 
Serata tranquilla e ancora parzialmente rilassante... ma da domani devo assolutamente mettermi sotto. 
Ho troppo da fare, studiare, lavorare, scrivere e riprendere le fila dei miei progetti. E perché no, iniziare un'accidenti di dieta... sarà lo stress, saranno le temperature rigide, sarà che la mia vita mondana attualmente è ridotta all'essenziale, sta di fatto che la mia forza di volontà in tal senso è ai minimi storici.
A essere sincera non sto nemmeno leggendo, anche se vorrei... non chiedetemi cosa ne faccio del mio tempo, semplicemente mi scivola tra le dita senza che me accorga; le giornate volano, e io fatico a stargli dietro. E siamo a Gennaio... non voglio nemmeno pensare come andrà in primavera! 
Lunedì la mia amica Emme ha ordinato il mio splendido regalo di laurea: un mega-ordine da BOL! Ho appena controllato lo stato dell'ordine... l'hanno già speditoooo :-)... questo mi rende estremamente felice!
Chi non ama i libri proprio non può capire la gioia che si prova ad averceli tra le mani, lisci e profumati, la soddisfazione di annusarli e sentire forte l'odore della stampa fresca... 
Un odore che per me è sinonimo di gioia. 
Come quello del caffè o della pasta al forno. 
Io per questa abitudine di annusare i libri mi sentivo un po' strana, poi una volta lo scrissi sul mio vecchio blog e - sorpresa delle sorprese - scoprii che era un vezzo comunissimo tra gli amanti dei libri. E pensare che i miei mi prendevano per scema quando lo facevo da ragazzina! 
Non che disdegni i libri usati, tutt'altro. Mi piacerebbe molti girare per mercatini, se solo da queste parti ce ne fossero, a scovare piccoli tesori... a Urbino per esempio lo facevo. 
Il giovedì pomeriggio sotto i portici c'era il mercatino del libro usato, una decina di bancarelle che si contendevano l'attenzione di quattro sparuti appassionati come me. 
Alle volte si facevano davvero degli affaroni... ricordo che comprai a un euro una vecchia copia - molto ben fatta, ben conservata e con le pagine croccanti ancora immacolate - dell'Emilio di Rousseau. 
Peccato che poi lo abbia perso durante il trasloco, quando sono tornata a Bari :-(! Comunque quando arriva il pacco di Bol faccio un po' di fotine e le posto... ho preso anche una libreria nuova! 
L'ho pagata pochissimo e al tatto si sente che il fondo è poco più che cartone, ma esteticamente fa comunque la sua bella figura. Certo che quella dell'Ikea - pur essendo lo stesso un po' precaria - è molto più bella. Ma in camera mia ormai non c'è più spazio!!! Ho deciso, fotograferò anche le librerie :-)! 
Il mio sogno è sempre stato averne una immensa un giorno in una casa tutta mia... vivere circondata da libri, tappeti soffici e pelosi, abat-jours, poltrone e gatti sornioni. Avrei anche un camino, e nelle sere d'inverno mi ci siederei accanto, sui cuscini, con in mano una tazza di cioccolata calda e un bel libro. La neve fuori sarebbe il massimo :-)! E farei tanti di quei sogni ad occhi aperti che diverrebbero altrettanti libri. 
Che dite, chiedo troppo per esser felice?! Ovviamente questo non è che una minima parte di ciò che vorrei, eheh ;-)! 
Tornando a noi, tocca proprio andar a letto se domani voglio combinare qualcosa di sensato... anche se vorrei parlare di un argomento che in questi giorni mi sta molto a cuore, ma lo farò la prossima volta. Quest'argomento si chiama umiltà, e in questo mondo è raro come un pinguino ai tropici. 

martedì 25 gennaio 2011

Donne in vendita

Un paio di mesi fa sono capitata per caso su Italia Uno, dove alle Iene facevano l'ennesimo servizio - o meglio, chiamiamola col suo nome, pubblicità -  a un bordello oltralpe dove gli uomini non pagano le prestazioni in quanto queste vengono riprese e trasmesse in diretta su un sito a pagamento. 
Non so dove  sia questo posto e francamente non me ne frega niente, anche perchè l'intero servizio mi faceva talmente tanto schifo che non l'ho neppure finito di vedere.
Premetto che sono davvero pochissimi i motivi che mi rendono fiera di essere italiana, uno tra questi è la bistrattata Legge Merlin, che esattamente cinquant'anni fa mise la parola fine a quell'orrendo mercimonio di carne umana che avveniva nelle cosiddette "case chiuse".  
Premetto inoltre che nonostante creda che nella vita non di debba mai dire mai, un "mai" nella mia vita c'è, è assoluto e non transigo: mai stata e mai potrei stare con un uomo che anche una sola volta nella vita sia andato con delle prostitute. 

Quando si parla dell'argomento prostituzione, la gente, uomini e donne, se ne esce con la solita massa di luoghi comuni: è il "mestiere" più antico del mondo, bisogna tutelare chi sceglie di farlo, bisogna liberare chi invece non lo sceglie e viene costretta, si deve preservare la salute dei clienti e delle prostitute, è necessario evitare spettacoli indecenti in mezzo alle strade, eccetera.
Ottimi motivi non c'è che dire, peccato che siano le premesse di fondo a essere sbagliate.
Nessuna donna sceglie liberamente di fare la prostituta, così come nessun uomo sceglie liberamente di fare lo schiavo. Eppure, quando secoli fa la schiavitù in america fu abolita, migliaia di schiavi rifiutarono la libertà e implorarono i loro padroni di riprenderli con sé per continuare a usarli come bestie da soma: perchè secondo voi? perché c'è chi nasce schiavo e c'è chi nasce libero? No. 
Non si nasce schiavi, così come non si nasce puttane. 
Ma lo si diventa, sin dalla nascita, anno per anno, quando nella vita hai conosciuto solo sopraffazione, dominio, violenza e paura. Quando hai interiorizzato la tua presunta inferiorità, la tua subordinazione a qualcun altro, al punto tale che ti sembra naturale e non conosci altro modo di vivere. 
Nel caso della donna poi, non è tanto difficile interiozzare la concezione di sé stessa come oggetto sessuale... guardiamoci intorno, anche in un paese pseudodemocratico e pseudo ricco come l'Italia, quante sono le immagini, le citazioni, i video, i cartelloni pubblicitari, le trasmissioni, i vestiti ecc. che ci rimandano costantemente l'immagine della donna oggetto? Praticamente infinite. 

Senza contare la cultura patriarcale e maschilista che nonostante la modernità ci portiamo sempre dietro come una zavorra, quell'eredità fascista e misogina che in mille modi diversi considera le donne esseri inferiori; spesso la conosciamo travestita da "galanteria", ma la sostanza non cambia mai.
Se poi tutto ciò si applica a paesi molto poveri, come i paesi dell'Est Europa, la miscela è esplosiva: perchè la maggior parte delle prostitute/pornostar viene dai paese dell'est e negli stessi c'è un mercato pornografico molto fiorente? la risposta dovrebbe essere scontata, visto che la miseria che regna in quei paesi è assoluta e conosciuta... e invece no, il rampante playboy italiano ti risponderà che "le slave sono più troie". E sì, a queste donne piace davvero molto fare sesso con chiunque, persino con vecchi bavosi o gruppi di ragazzi violenti. A chi non piacerebbe?
Molte di queste donne, le pornostar in primis, non sono costrette da nessuno a esercitare la professione: sembra che anelino ad essere usate, come gli schiavi neri dell'america sudista. 
Ma forse questi erano meno schiavi solo perchè decidevano loro di esserlo? Non credo, erano schiavi nella stessa identica maniera... non è che c'è un modo diverso di essere schiavi, un modo "più libero" per così dire. Al tempo però c'erano fior di pensatori - ma anche gente comune di ampie vedute - che parlava con questi neri, cercava di convincerli che avevano la stessa intelligenza e dignità di qualsiasi uomo bianco, che non potevano aspirare a essere schiavi solo perchè li avevano convinti di esserlo, solo perchè li avevano cresciuti in condizioni tali da farli diventare più simili alle bestie che agli uomini.

Per le donne non accade così. Vogliono fare le prostitute di professione? Ma ben venga! figuriamoci, è il mestiere più antico del mondo...
Ma qualche uomo si chiede mai cosa vuol dire esercitare il mestiere di prostituta? ma davvero credono che sia diverso da una forma di schiavitù e di violenza, anche quando la vittima è consenziente?
Mi fanno particolarmente ridere quelli che controbattono con l'esempio delle pornostar, queste gaie e prorompenti fanciulle che col sorriso sulle labbra (quando non hanno la bocca impegnata in altre faccende) fanno di tutto. 
Ma come, non vedo che a loro piace? Che lo fanno con passione? Certo, come no.
Peccato che i pochi studi effettuati nel settore danno risultati a dir poco sconcertanti.
La maggior parte delle donne che intraprendono questa carriera non sono sessualmente disinibite ma sessualmente traumatizzate. Un esempio su tutti? leggetevi la biografia di Jenna Jameson, la famosissima pornostar americana, icona del genere.
La Jameson racconta di essere stata colpita con un sasso e mentre era priva di sensi, in strada, violentata da più persone e poi abbandonata lì, data per morta. Questo quando era al liceo. 
A vent'anni invece veniva picchiata dal suo ragazzo e stuprata dal migliore amico di lui, finendo di lì a poco a usare droghe pesanti di ogni tipo. Non vi basta? Potrei portarvi infiniti esempi di come la stragrande maggioranza delle pornoattrici siano donne con grossi problemi alle spalle (strupri, incesti, violenze d'ogni sorta), molto spesso drogate (perché sì, la maggior parte delle scene vengono girate sotto l'effetto di cocaina e altro) e di come l'industria del porno sia disseminata di violenza e di sopraffazione. Non parlo a vanvera, per sentito dire, non cito fonti perchè altrimenti scriverei un libro, ma chi vuole documentarsi realmente può chiedermi in privato.

Un'altro esempio? Lei non è molto conosciuta, si chiama Sandy Labalestra, ed era una pornostar famosa negli anni Novanta per dei film prodotti da Rocco Siffredi. Famosissima la scena in cui lui le mette la testa nel cesso e tira lo scarico. Sandy conobbe quest'uomo a 18 anni, vergine, e se ne innamorò. 
Prese un milione di lire per il suo primo film in cui faceva di tutto: sesso con anziani, gang bang, hardcore ecc.. con un viso che a guardarla in faccia faceva paura. Era molto bella, un viso pulito e dolce che dimostrava la sua età. Oggi ha 30 anni, è stata processata per spaccio, è diventata un mostro, ha il cervello bruciato dalle droghe e a sentirla parlare mette angoscia. 
Mentre lui è un dio, alcune donne dello spettacolo pare se lo contendano... proprio lui, un uomo che ha avuto il coraggio di mettere nel cesso la testa di una donna. Come fa a non far schifo?
Come fanno moltissime donne comuni e anche parlamentari a considerare una battaglia femminile quella della riapertura delle case chiuse? Come si fa a volere che queste donne vengano ghettizzate, che si tuteli e si dia diginità a quella che non è MAI e non può essere considerata una professione? 
Un lavoro è tale perché da dignità, perchè nobilita l'uomo, è questo che c'è scritto nella nostra costituzione. Questo mercimonio nobilita forse la donna? La umilia, la svilisce, rinnega tutto ciò che di bello c'è in lei. Ma voi accettereste mai che vostra sorella facesse la prostituta? 
Noi donne, non siamo forse tutte sorelle?
Ci sarà sempre chi ruba, come ci sarà sempre chi uccide, come ci sarà sempre chi stupra, chi si prostituisce e chi va a puttane... che vuol dire questo, che rinunciamo a combattere tutte queste aberrazioni umane? E perché le altre le dovremmo combattere mentre la prostituzione no? 
Anche chi fa del male a sé stessa è prima di tutto una vittima.



La prima volta

Sono appena le otto del mattino. Di domenica, per giunta. 
Sa che probabilmente lui a quest’ora dorme ancora. La camicia non ne vuol sapere di sistemarsi sulla stampella. Sembra sfuggirle dalle mani, come se fosse viva. 
Ha difficoltà ad abbottonare i minuscoli bottoni di madreperla, e quando arriva alla fine si rende conto di aver saltato il primo, col risultato che anche gli altri sono sfasati. 
Sorride rassegnata, sfilando l’indumento dalla stampella e portandoselo al viso. Un inconveniente del genere, in una normale mattina di scuola e autobus da prendere al volo, l’avrebbe mandata su tutte le furie. 
Ora invece annusa la camicia, aspirando a fondo l’odore acre del profumo che indossava la sera prima, alterato e mischiato ad altri odori, usuali eppure inaspettatamente eccitanti: il dopobarba di lui a impregnare il colletto inamidato, l’aroma delle loro pelli sudate, la lieve traccia di mughetto di un'ordinaria crema idratante. 
Il tutto si fonde in un odore nuovo, unico e irripetibile. 
L’odore del loro amore. Sospira piano avvicinandosi alla finestra. 
In strada solo poche auto che scorrono lente e assonnate, dirette forse al mare, in uno splendido week-end di metà primavera. 
Sul marciapiede di fronte, il giornalaio sistema i quotidiani del mattino, fermandosi di tanto in tanto per servire un cliente frettoloso. 
Solo il bar dell’angolo è fremente di vita. 

Gente che entra ed esce in continuazione, padri di famiglia che portano via con sé sacchetti di delizie per bimbi ancora addormentati, coppie che si scambiano i morsi di un cornetto, gruppi di ragazzine che si attardano sul marciapiede, felici di non dover andare a scuola. 
Respira profondamente. Si sente felice come forse non le è mai capitato prima. 
E, cosa ancor più importante, si sente diversa
Per un attimo ride pensando cosa succederebbe se si affacciasse alla finestra e urlasse al mondo di non essere più vergine. 
È un pensiero assurdo, se ne rende conto, ma ha voglia di condividerlo con qualcuno. 
Durante la notte non ha chiuso occhio. 
Osserva le lenzuola appallottolate, il cuscino volato nell’angolo accanto all’armadio, il leggero piumino sgualcito e stropicciato; il letto sembra un campo di battaglia. 
Quella notte non è stato testimone delle ansie di una studentessa insonne, bensì della notte di una donna. Una donna che ama. 
Al pensiero, un brivido di eccitazione la pervade da capo a piedi.
Dopo aver rifatto il letto, da uno sguardo spazientito alla sveglia digitale sul comodino. Ancora le sette e un quarto! Micaela, la sua migliore amica, non si sarebbe svegliata nemmeno per le undici. Parlarne con sua madre è fuori discussione. 
Da qualche minuto le arriva all’orecchio un flebile tintinnare di piatti e posate, segno che si è già alzata e sta preparando la colazione domenicale. 
È sicura che se aprisse la porta potrebbe aspirare l’odore del caffè appena fatto. Il suo stomaco si fa sentire con un piccolo gorgoglio di protesta, e in quel momento si accorge d’essere affamatissima. 
La sera prima, a cena, non ha toccato praticamente nulla. 
Mattia l’ha guardata preoccupato, chiedendole se si sentisse bene.
Lei l’ha rassicurato. 
Anche quando erano ormai arrivati al momento cruciale, ha esitato.
"Sei sicura di volerlo fare… insomma, lo vuoi davvero?” le ha chiesto dolcemente mentre erano abbracciati stretti sui sedili posteriori dell’auto di suo padre, le labbra incollate e i vestiti  sparpagliati attorno a loro.
Il cuore batteva il ritmo di una paura folle e inesprimibile. 
Paura dell’ignoto, paura che non le piacesse, paura… che non piacesse a lui. Ha deglutito a fatica prima di rispondere. 
“Ti amo” ha risposto impacciata, non sapendo che altro dire.
“Ti amo” ha replicato immediatamente lui.
E così era successo. 
Ancora adesso non riesce a pensarci senza arrossire. 
Si mette a saltellare per la stanza, soffocando risatine di gioia, ben attenta a non far rumore per non svegliare il fratello che dorme nella camera accanto. 
Da oggi per lei incomincia una nuova vita, è finalmente diventata donna. Come le attrici al cinema, come le protagoniste delle soap che dopo pranzo è solita guardare con la madre, come le sue amiche… è una donna, non più una ragazzina. 
Quella semplice parola è in grado di procurarle un brivido di piacere ed eccitazione che le percorre rapidamente la schiena, elettrizzandola con ripetute scosse di adrenalina
Una donna!
Vorrebbe urlarlo al mondo.

sabato 22 gennaio 2011

La deriva del femminismo

“Tutte le volte che ignoriamo o non ascoltiamo una donna
 alla televisione o sulla stampa perché la nostra attenzione è stata attratta
 dalla sua taglia, dal suo trucco, dal suo abbigliamento o dalla sua pettinatura, 
il mito della bellezza funziona al meglio della sua efficienza.
(…) Avremo già fatto un passo avanti sotto il profilo politico quando 
avremo respinto il concetto propinato ostinatamente secondo cui
 l’aspetto esteriore di una donna è il suo linguaggio
e quando ci ascolteremo a vicenda al di là del mito della bellezza”.

"Stanno avvelenando la nostra libertà con modelli di bellezza animati da un odio contro se stessi, da ossessioni fisiche, dal terrore della vecchiaia e della perdita del controllo."

“La dieta è il più potente sedativo politico della storia delle donne. Una popolazione con una così tranquilla ossessione è una popolazione facilmente manipolabile.”

Naomi Wolf“Il mito della bellezza”

Ogni volta che accendo la tv, ogni volta che apro un giornale, perfino quando cammino per strada... mi sento costantemente, ripetutamente UMILIATA. 
E questo è il destino che condivido con la maggior parte delle donne, che ne siano consapevoli o no. Parafrasando Nietzsche, posso tranquillamente affermare che il femminismo è morto. Anzi no, peggio. Il femminismo è degenerato nella più grottesca caricatura di sé stesso che si potesse mai immaginare, o meglio, si è talmente disperso nel vortice della rivoluzione mediatica, da trasformarsi nell'esatto opposto di ciò che era originariamente. 
A volerlo spiegare a quelle donne che negli anni Settanta protestavano fuori dalla redazione di Playboy incendiando reggiseni e bigodini, c'è da uscirne matte; tanto più che oggi le donne indossano il simbolo di Playboy su magliette, cappellini e quant'altro (nel frattempo l'industria di Hugh Hefner si è moltiplicata diventando anche, tra le altre cose, industria dell'abbigliamento. Come a dire che nel capitalismo nulla si crea e nulla si distrugge, tutto prolifica e si moltiplica. Come un virus). 
"Il corpo è mio e me lo gestisco io", urlavano le femministe. Posso farci quello che voglio, insomma. E infatti oggi le donne lo umiliano in tutti i modi possibili e immaginabili: deformandolo con la chirurgia plastica, sottoponendolo a diete distruttive e massacranti sedute di palestra, affamandolo e odiandolo. 
L' odio verso il corpo come odio verso sé stesse, perché non si é - e non si sarà mai - come le donne mediatiche: bellissime, altissime, magrissime, formosissime, sexissime. 
Corpo mercificato, corpo massacrato e violato. 
Mi chiedo quanto sia potente questa forma di persuasione di massa, questo potere occulto sprigionato dai media di massa e dal capitale cui sono asserviti, per riuscire a trasformare un individuo, una donna, nella peggior carnefice di sé stessa. 
Il capitalismo ha capito quello che l'uomo non aveva capito in secoli e secoli di violenze e oppressioni: un'obbedienza volontaria ed entusiasta, ottusamente masochista, è infinitamente più potente di un'obbedienza forzata, ottenuta con la violenza e l'imposizione, in ci cova costantemente il germe della ribellione. 
Per sottomettere gli uomini - e le donne, perché qui voglio parlare di donne - non è necessario sottometterli con la forza; è anzi controproducente. 
Il plagio è infinitamente più efficace. 
Sapete, io credo fortemente nel potere del plagio. E credo che la società capitalista odierna non sia nient'altro che questo: una gigantesca operazione di marketing, un plagio massificato, un consapevole e irreversibile asservimento dell'uomo e della donna al capitale. O denaro, come preferite, anche se il concetto di capitale è qualcosa di infinitamente più complesso. Ma sto andando decisamente off-topic. 
Le donne sono serve, e lo sono nel senso che non sono più padrone dei propri pensieri, del proprio agire e soprattutto del proprio corpo. Un corpo ridotto a merce, come tutto quello che viene toccato dal capitale: il lavoro è merce, le competenze sono merce, i corpi sono merci... anche il pensiero sta diventando merce. Merce di scambio per ottenere denaro e potere. Una gigantesca prostituzione di massa, insomma. 
Tornando alle donne, a volte mi chiedo cosa ci sia in fondo di così diverso tra noi occidentali e le sorelle orientali, sottomesse e costrette a portare il burqa. Anche noi veniamo sottomesse, violate, picchiate in famiglia e ridotte a merce di scambio tra potenti. Sono i modi che cambiano. Per dire, io ti faccio un favore, tu anziché regalarmi un auto o un orologio, mi prendi una donna per qualche ora. 
Alle islamiche viene negato il corpo, la sessualità, mediante il burqa che le copre da testa a piedi annullando qualsiasi forma di individualità. Noi invece siamo ridotte a un corpo, indentificate con la nostra sessualità. In cosa siamo così evolute ed emancipate? Anzi, stiamo peggio, perché manco ce ne rendiamo conto. 
Il paradosso è che addirittura facciamo a gara per asservirci meglio. E l'industria della moda, bisogna dirlo, ci da una bella mano. Come l'industria della chirurgia estetica, o quella del porno. Cosa faremmo senza le minigonne inguinali, le scollature scopri-capezzolo, i seni dell'ottava misura e il botulino? 
Invecchieremmo, non saremmo desiderabili... Che tragedia!!! 
Del resto l'aveva ampiamente detto Naomi Wolf nel suo bellissimo Il mito della bellezza (libro che sto disperatamente cercando)... un esercito di prostitute sta invadendo la società, si salvi chi può. 
Ma ormai chi vuole salvarsi?

Nota personale: ho già scritto una tesi in merito, ma desidero fortemente ampliarla e trasformarla in un saggio. La consapevolezza di questi meccanismi non porta la donna a liberarsene - io purtroppo ne sono una prova - ma è già un gigantesco passo avanti. Questo saggio è tra i miei principali obiettivi per il 2011/2012.





Bibliografia di riferimento (libri che consiglio caldamente):
Sporche femmine scioviniste, Ariel Levy; (recensione nel post precedente)
Pornopotere, Pamela Paul;
Il mito della bellezza, Naomi Wolf;
Il dominio maschile, Pierre Bourdieu:

Sporche femmine scioviniste - Ariel Levy



Sporche Femmine Scioviniste
Ariel Levy

Sporche Femmine Scioviniste

Le donne e l'irresistibile ascesa della Ranch Culture

Castelvecchi - giugno 2006 

Cosa vuol dire «raunch»? Vuol dire, «arrogante, sopra le righe, maleducata e, soprattutto, convinta di saperla lunga». Presentatrici che strillano in Tv mostrando improbabili tette rifatte, donne politiche agghindate come alberi di natale, attrici sempre più gonfiate e altezzose: Ariel Levy è un'innovativa, provocatoria voce del femminismo, capace di denunciare le contraddizioni, l'ambiguità e l'incongruenza di quello che viene spacciato per il «nuovo potere delle donne».

E invece questa finta liberazione non fa altro che riproporre in maniera cretina il mito della «bambolona», quando non si lascia andare addirittura a un atteggiamento esplicitamente porno. Questo saggio è una doccia fredda per coloro cui è stata venduta la patacca di un falso potere, di una rivoluzione sessuale solo apparente e di una ribellione farlocca invece di quello che conta davvero: la libertà.
"Un libro fondamentale per tutte le donne, anzi, per tutti. Sporche Femmine Scioviniste andrebbe adottato nei licei, nonché discusso al cospetto di adolescenti scosciate e di matrice finto-ribelle.
La teoria di Ariel Levy è la seguente: l’interesse primario di un gran numero di donne resta l’essere guardate, considerate, scelte o forse anche accettate dal maschio e, perché questo avvenga, si sono “adattate” a comportamenti maschili (catalogati alla voce “fare la stronza”), si sono sintonizzate su desideri maschili (a chi credete che giovino le tendenze finto lesbo, i tanga da tortura medievale e le depilazioni integrali?), su atteggiamenti maschili (commenti diretti ad altre donne, turpiloquio, stupide gare di resistenza al carrierismo e nella vita) e, al contempo, si sono trasformate nei perfetti (s)oggetti del desiderio.
Oggi una donna deve essere un maschiaccio intelligente che non disdegna il lesbismo, che non teme il confronto, che non si scandalizza davanti a niente e a nessuno, che prende ciò che vuole senza chiedere permesso e senza dire grazie, il tutto rimanendo perfettamente rasata, pettinata, vestita, truccata: insomma, un cyborg sessuale senza sensualità, una novella coniglietta di Playboy che è convinta di saperla lunga solo perché SCEGLIE di comportarsi come una coniglietta di Playboy. Il meccanismo, alla lunga, porta le donne ad ingannare loro stesse, e a svilire una femminilità la cui complessità va oltre una ceretta brasiliana sbandierata come autoconsapevolezza. Da leggere e da rileggere. "


recensione di: Martina Montauti  (11-07-2006)


giovedì 20 gennaio 2011

Ore una della notte

Sono quasi l'una e io sono qui che cerco di rivedere uno dei miei romanzi (devo consegnarlo entro il venticinque), ma dopo un'intera giornata al pc la concentrazione è quasi completamente scemata. 
E allora faccio uno spuntino, un po' di zapping selvaggio - oddio, sono io che ho le traveggole o c'è Ruby in tv?! - e così scema anche quel poco che mi rimane. Eppure non ho sonno. 
In questi giorni, complici le belle e insperate notizie che mi hanno caricata di adrenalina, la mia mente è iperattiva, effervescente e inquieta... mille e più progetti mi frullano in testa, ma tra il lavoro, il corso da riprendere e le scadenze da rispettare il tempo che mi rimane è pochissimo. 
E dovrei proprio usarlo per qualche attività sportiva, anche solo una corsetta o una camminata, visto che sono giorni che non scollo il sedere dalla sedia e gli occhi dal monitor. 
Quando la mia mente è così attiva un po' mi preoccupa. Se le idee, i progetti da realizzare si susseguono a una velocità incredibile, si accalcano e si sovrappongono come sta succedendo a me in questo periodo, ho paura che la gran parte di essi vada perso... nel senso, ok avere una bella idea, magari un lampo quasi geniale, ma poi devi dargli la caccia, cercare di riacciuffarla, esaminarla per bene e tradurla in fatti, parole e in un qualcosa che almeno per metà sia degno dello spunto originario. 
Capite ciò che voglio dire? Fatico a star dietro alle mie idee, mi perdo e so che se mi ostinerò a inseguirle tutte finirò per perderle tutte. Tempo fa c'era una cosa che ripetevo sempre a una persona a me cara che in una giornata pretendeva di fare tutte e mille le cose che desiderava fare; gli dicevo sempre che non si può, che siamo umani ed è nella nostra natura non essere onnipotenti...perciò, dovendo per forza rinunciare a qualcosa, la selezione è fondamentale. 
Ora non voglio fare il suo stesso errore, anche se in un campo completamente diverso. 
Devo darmi un ordine, annotarmi ciò che mi viene in mente e poi selezionare le cose che mi stanno a cuore, quelle che hanno davvero una priorità per me, e poi concentrami su una alla volta. 
Il caos creativo da una grande esaltazione, ma senza ordine è tutto vano. 
Per uno scrittore la fantasia  è importante, ma ancor più importante è l'applicazione costante, la pazienza e un metodo a prova di bomba. Comunque ecco, ora su la5 c'è Beverly Hills 90210...come diavolo faccio ad andarmene a dormire??? Sono una cazzeggiona, lo so...è che a quest'ora della notte, se sono ancora sveglia, mi prende una certa malinconia, una voglia di non so che che non riesco a soddisfare nemmeno con la scrittura.
Oggi ho avuto l'ennesima bella notizia e un contrattino da firmare. Sono molto, molto soddisfatta...entrambe le mie "creature" - i miei romanzi - sono ormai pronte per lasciare il loro nido - ehm...il mio hard-disk?! - e io, quasi come una vera mamma, sono un po' in apprensione.
Sinceramente non avevo mai pensato molto a questo momento. 
Voglio dire, uno scrittore, soprattutto un esordiente come me, quando scrive si preoccupa soprattutto di non riuscire a trovare in editore...quella gli sembra la sua meta finale: trovare qualcuno che crea e investa nel suo lavoro. Sembrava così anche a me, ma ora so che che non è così. Ora è tutto ancora in salita. 
I miei romanzi potrebbero anche far schifo a tutti, e allora che si fa? Un po' di paura ce l'ho, non sono la tipa così sicura di me che sembro agli altri.
In compenso sono umile. E l'umiltà, credetemi, paga molto più della presunzione.