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domenica 2 gennaio 2011

Nel paese dei balocchi

Urbino la porterò sempre nel cuore.
Un posto magico, assurdo, fuori dal tempo, una realtà fatta quasi esclusivamente di giovani provenienti da mezza Italia. E chi li ha mai visti, gli "urbinate"? A parte la padrona di casa, mai conosciuto uno. Credo che Urbino sia proprio la città universitaria nel senso più ampio ed esclusivo del termine.

Questo panorama si trovava a pochi passi dalla mia vecchia casa, una veduta sul palazzo ducale come appare dall'alto, all'inizio del bosco.
Ci sono andata miliardi di volte di sera-notte, a volte sola dopo una lunga corsa (facevo jogging dalle undici a mezzanotte) a volte con le amiche o con qualche ragazzo, per pensare, per guardare le stelle... è romantico da togliere il fiato, anche di giorno.
E nessuno ti rompe le scatole, mi è capitato di tornare a casa da sola alle 4 di notte e l'unica paura che avevo era di qualche animale selvatico, perchè prendevo una scorciatoia che passa attraverso il bosco.

 
panorama tramontopanorama notte

E poi la Fortezza, da cui si gode questa vista...

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......qui d'estate dalla mattina al pomeriggio è pieno zeppo di gruppi di studenti che vengono a prendere il sole, a giocare e "fingere di studiare". Qui le notti di giugno si fanno feste e concerti per celebrare la fine dell'anno accademico.
E poi 
la mia roccia, il mio posto preferito dove mi stendevo all'ombra a leggere e scrivere.........
muro
Io Urbino l'ho amata e odiata.
Amata a vent'anni, quand'ero una matricola appena arrivata, con la "capa fresca" e un sacco di voglia di divertirmi. Odiata a 24, quando mi stava stretta, quando volevo andarmene perchè i locali chiudevano, gli studenti eran sempre meno e ci si conosceva tutti e soprattutto non ne potevo più dell'università, volevo tornare giù per stare con il fidanzato.

Eppure sono tante - troppe - le cose vissute qui che non potrò mai dimenticare.
Innanzi tutto le mie fantastiche coinquiline, le mie "compagne di tatoo"... con loro è stato feeling immediato, nonostante fossimo diversissime. 
Facevamo tutto insieme, cazzeggiavamo alla grande.

Non potrò mai dimenticare il nostro primo giovedì universitario di matricole, tutte pronte e tirate per uscire e il mega-acquazzone che fece, costringendoci a rimanere in casa, delusissime, a fare una specie di pigiama party.
Le lunghissime chiacchierate di notte ammassate su un paio di letti, i pomeriggi di "studio", il vicino che non andava mai via, e poi le tresche incrociate, i flirt, le sbornie pazzesche, le cene in cui in una casa piccolissima arrivavano a esserci anche 30 persone. Il bello di Urbino non sono i locali, ce ne sono pochi e non sono granchè, il bello di Urbino sono le feste e le cene a casa degli studenti.
E poi come dimenticare il Karaoke del mercoledì sera, il deejay che implorava qualcuno di portarmi via perchè stonavo di brutto e volevo sempre cantare... o  i giri attorno alle mura per smaltire la sbornia... le spaghettate aglio e olio all'alba, quando tornavamo da ballare, gli aperitivi infiniti, quando non potevamo proprio tralasciare nemmeno un bar.
E poi i vicini carini che ci capitavano sempre, le storie nate alla finestra, flirtando tra una sigaretta sul terrazzo e loro sopra che si autoinvitavano per un caffè di mezzanotte... o per il bacio della buonanotte. Il cuore non batte mai più come batteva a vent'anni per uno sguardo, una parola, uno sfioramento.

A volte Urbino mi manca. Mi manca quel meraviglioso senso di infinito che si respira in un paese - perché Urbino è pur sempre tale - in cui il tempo è come sospeso, la vita segue ritmi diversi e la gente sembra perennemente in vacanza, rilassata anche quando deve sbrigare commissioni o prendere gli autobus. 
E del resto come ci si può sentire affannati passeggiando tra quelle strade rinascimentali, su mattoni solidi, circondate da palazzi antichi e viuzze strette, in cui tra un ristorante e una bottega ti può capitare d'imbatterti nella casa che fu di Raffaello, o, svoltando l'angolo, trovarti d'improvviso davanti il palazzo ducale in tutta la sua maestosità?

Ma di Urbino, dei ricordi che mi evoca, potrei parlare all'infinito. 
Certo, non era tutto bello. C'era anche un denso, pressante alone di solitudine a circondare quel paese da fiaba. Si animava solo in determinati orari e in pochi posti del centro, per il resto era tutto pace, silenzio, immobilità. 
Foglie che frusciavano se c'era vento, pioggia che tintinnava, rumorose cicale d'estate e un'innaturale, straniante silenzio d'inverno, quando c'era la neve, e tutto gelava e niente si muoveva. E poi i boschi immensi e le massicce mura, recinto e protezione, ma anche isolamento, senso di essere in trappola, lontani dal mondo, quello vero.
Quante volte ho girato di sera per il quartiere nuovo, quello dell'ospedale, fuori dalle mura, e ho camminato per centinaia di metri incontrando solo un paio d'auto che sfrecciavano via, un uomo a spasso col cane, due studentesse frettolose e infreddolite dirette verso il centro. 
Ma a sera anche le vie del centro erano deserte, dalla finestre aperte e illuminate si udiva l'eco della tv e le risate di un gruppo di studenti riuniti a cena. Urbino si animava verso l'una di notte, specie di giovedì, la nottata universitaria per eccellenza.
Ho pianto tanto, a Urbino. ho vissuto, imparato, amato, gioito e condiviso. 
Ho passato momenti belli e momenti brutti, e ci ho lasciato un pezzo di cuore.
Vorrei tornarci, magari per una sera, magari rivedere casa mia e tutti quei luoghi che mi hanno vista crescere e maturare.

E' per questo che il romanzo che sto per iniziare a scrivere sarà ambientato a Urbino.

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