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giovedì 9 gennaio 2014

Di amori & (di)amanti


Se c’è un sentimento che non mi appartiene, questo è l’invidia.
Raramente mi capita di invidiare qualcuno, più che altro provo ammirazione. 
Ammiro qualità come la bellezza e l’intelligenza, ammiro chi si è fatto da solo, chi ha del talento e chi pur non avendone riesce a raggiungere traguardi importanti, ammiro chi si dà da fare ogni santo giorno, chi è onesto con se stesso e con gli altri e chi possiede dei valori ben solidi. Spesso ammiro chi forse non dovrei ammirare, per il semplice fatto che credo molto a quello che sento e molto poco a quello che vedo: a volte la realtà di una persona comincia proprio dove finisce l’apparenza, e generalmente si tratta delle persone più belle. O forse sono di parte, perché anch’io raramente appaio come sono davvero. Non lo so. Quello che so è che io non invidio quasi nulla – né soldi, né potere, né bellezza – tranne una cosa: la capacità di amare in maniera superficiale, di voltare sempre pagina come niente fosse, di innamorarsi venti volte in una vita, di lasciarsi andare come se fosse la cosa più naturale del mondo, senza paura. 
Ecco, nella prossima vita mi piacerebbe essere una dalla cotta facile e dalla testa leggermente più vuota, una che sente le emozioni meno in profondità, ma più spesso, una che sa accontentarsi, che pensa più alle cose pratiche che agli ideali.
Una brutta persona? No, solo una persona meno complicata.
Poi però penso che io una persona così al mio fianco non la vorrei mai.
Non si desidera ciò che è facile ottenere, e che valore può avere mai, l’amore di chi ha avuto decine di amori, e altrettanti ne avrà dopo di te? Che valore ha un sentimento elargito a casaccio, per suggestione, convenienza o paura di star soli? I diamanti non sarebbero così preziosi, se si trovassero a ogni angolo di strada. E l’amore non sarebbe un diamante, se venisse dato al primo che passa. 

lunedì 6 gennaio 2014

Scegliere senza rimpianti

Credo di non dire una novità per nessuno se affermo che la vita è fatta di scelte.
Una catena di scelte, per la precisione, alcune determinanti, altre meno. 
L’angoscia con cui le prendiamo è proporzionale alla loro importanza.
Quello che ho capito solo negli ultimi anni, però, è che a volte i tempi non sono maturi per una scelta; voglio dire, ci sono scelte che maturano col tempo, e affrettarle quando non è strettamente necessario può rivelarsi poco saggio (oltre che controproducente).
I giovani peccano di avventatezza e forse io giovane non lo sono più, perché finalmente ho imparato ad aspettare.
Ad aspettare di valutare bene l’intera situazione.
Ad aspettare di capire con chi ho davvero a che fare.
Ad aspettare che tempi e sentimenti siano maturi.
Ad aspettare di sentire dentro quella nuova consapevolezza che modifica gli equilibri.
D’altra parte, però, chi rimanda troppo una scelta importante – che sia di cuore o di testa – può rischiare davvero grosso: opportunità perse, vite sospese che finiscono con l’assestarsi in una malinconica e tormentata indecisione, insicurezze e ossessioni.
Come trovare il giusto equilibro?