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venerdì 13 luglio 2012

"La mano destra del diavolo" - Dennis McShade

La mano destra del diavolo
McShade Dennis
Prezzo: € 13,00
Anno pubblicazione: 2012
Pagine: 160, brossura
Traduttore: Boni G.
Editore: Voland
Collana: Intrecci

"Maynard, vivere è pagare un prezzo. Vivere è accumulare ore che poi si capirà di aver sprecato, perché davvero non servono a niente..." Peter Maynard, il Califfo, è un sicario filosofo che legge i classici, ha l'ulcera e beve latte invece del solito whisky. 
Pagato da un milionario per scovare e uccidere i quattro che anni prima hanno violentato la figlia provocandone la morte, il Califfo si muove in un mondo duro, dove la menzogna è legge. Ma si tratta dell'America dove il Sindacato del crimine detta legge, o del Portogallo di Salazar dove l'autore Dinis Machado per sfuggire alla censura deve assumere lo pseudonimo di Dennis McShade e far finta di tradurre un'opera che in realtà scrive in portoghese? L'ambiguità e il doppio, ecco le chiavi di lettura di un romanzo che usa i generi per sovvertirli.

*La mia recensione*
Peter Maynard, americano di New York, soprannominato “il Califfo”, è il miglior sicario in circolazione. Coadiuvato dal fedele “Lucky” Cassino, che gli procura i contatti e le informazioni necessarie a portare a termine i lavori affidatigli, nel tempo libero Maynard si dedica a occupazioni che a nessuno verrebbe mai in mente di associare a un sicario professionista: legge classici, va a teatro e invece dei superalcolici beve quantità industriali di latte per cercare di combattere l’ulcera che lo tormenta. Fedele col sentimento alla sua donna, Olga, di cui l’autore ci dice poco o nulla, limitandosi a tratteggiarla continuamente nei pensieri di Maynard, quasi fosse un mantra che gli ricorda che esiste ancora qualcosa per cui vivere, l’uomo non disdegna di intrattenersi con donne più pericolose che incontra negli ambienti malavitosi e che ricordano vagamente le più famose Bond-girls. A tal proposito, la figura della donna che emerge dal romanzo di McShade non è certo delle più esaltanti; poco più che donne-oggetto (quando non sono belle statuite disponibili e accondiscendenti, come Olga, priva del benché minimo spessore anche nei pensieri del protagonista, che la identifica unicamente come “oggetto” d’amore), sono personaggi sterili, vanitose e civette, guidate da un’insaziabile voglia di sedurre, come nel più consumato degli stereotipi polizieschi... (continua a leggere su Solo Libri)

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