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venerdì 4 marzo 2011

Il coperchio del mare - Banana Yoshimoto

Dopo aver iniziato iniziato a leggere Il coperchio del mare, mi sono ripromessa che per me sarebbe stato l'ultimo libro di Banana Yoshimoto. 
Lo dico ogni santa volta, ma chissà perché puntualmente ci ricasco. Saranno le copertine ben fatte, l'aurea di essenzialità che emanano, oppure, più verosimilmente, la seduzione dei prezzi già bassi dell'Universale Economica Feltrinelli, che quando ci sono gli sconti ti permette con cinque/sette euro di portare a casa un libro ben fatto (più o meno, perché quest'ultima volta le pagine si sono scollate... e io non sono certo una che i libri li maltratta, anzi).
Tornando al libro, è stato una delusione. 
Di una banalità unica, al punto che viene da chiedersi se la Yoshimoto non abbia esaurito le idee. Ma se è così, perché per un po' non smette di scrivere e riprende solo quando avrà qualcosa da dire? 
Sembrerò acida, me ne rendo conto, ma davvero questo libro non trasmette nulla, soprattutto ai lettori più affezionati della Yoshimoto, che certi pensieri - o di simili - nei suoi libri li hanno già letti e riletti fino allo sfinimento. E pensare che avevo amato alla follia l'esordio letterario scrittrice, Kitchen, e avevo pianto come una fontana leggendo il racconto in appendice, che poi altro non è se non la sua tesi di laurea in letteratura. 
Da allora lo stile non è cambiato, è sempre lieve, amabile e delicato come una carezza, ma certo da solo non può bastare. La narrazione è inesistente, non succede praticamente nulla, luoghi comuni e ovvietà si sprecano; senza contare che lo stesso concetto - l'amore per il proprio paese, un tempo vivo e pieno di turisti, che va verso il declino - viene ripetuto con parole diverse fino allo sfinimento, finché quasi non viene da urlare: "Ho capito!". 
Ogni tanto, mentre scrivo, mi chiedo se sono troppo severa. Questo libro in fondo l'ho finito, anche se per puro spirito di dovere e completezza, mentre altri - pochi - non ce l'ho proprio fatta. E allora ammetto che sì, con un po' di buona volontà si può leggere, anche perché è breve, ma questo certo non corrisponde alla mia definizione di un buon libro. 
Un buon libro è quello che divori, che ti porti dietro e approfitti di ogni attimo libero per riaprirlo, che non vedi l'ora di tornare a casa per proseguire la lettura! Il coperchio del mare invece è piuttosto simile al tema in classe di uno studente svogliato: insipido e allungato fino all'inverosimile, giusto per riempire le pagine necessarie.

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