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venerdì 18 febbraio 2011

Femminismo alla Sex & the City

Anni fa, più piccola e ovviamente meno consapevole, adoravo il telefilm culto Sex and the City: non me ne perdevo una puntata e ho anche speso dei bei soldini per acquistare i dvd originali. 
Ironico e divertente, lo trovavo un telefilm, se non apertamente femminista, quanto meno "dalla parte delle donne", vicino alle problematiche femminili e soprattutto fautore di una nuova, prorompente ondata di emancipazione. Così lo presentavano i media, e io - come molte altre donne - ci credevo eccome. 
Del resto queste quattro donne giovani e belle, sessualmente attive ed estremamente fashion, incarnavano a tutti gli effetti lo stereotipo della donna moderna "di successo". 
Da sinistra, Charlotte, Carrie, Samantha e Miranda
Tuttavia col passare degli anni, una laurea in sociologia e qualche esperienza in più, mi sono ritrovata a guardare il telefilm e a provare un certo fastidio. 
Perché?, mi sono chiesta. Un tempo mi piaceva così tanto! Ora invece mi irrita profondamente Carrie, innamorata dalla prima all'ultima puntata di Mister Big - che di Big (grande) ha solo la stronzaggine - il bastardo per eccellenza, l'emblema dell'uomo lunatico e immaturo che gliene combina di tutti colori (la lascia perfino sull'altare) ma che viene preso come simbolo dell'amore vero, quello che fa tribolare e quindi sognare, l'amore masochista per eccellenza che per chissà quale motivo è sinonimo di amore vero. Ma in base a quale logica perversa uno che tradisce, sparisce nel nulla, mente e fa sempre i suoi comodi è l'uomo ideale?! Perché in fondo è questo il messaggio che passa. Per amore si soffre, se non si soffre non è amore. Alle donne piacciono gli stronzi perchè le fanno tribolare e via con stronzate del genere. Cosa ci sarebbe di nuovo dal punto dell'emancipazione femminile? Niente, appunto.
Un ammasso di luoghi comuni vecchi come il cucco. Poi non sopporto Charlotte, la cui vita assume un senso solo quando riesce a sposarsi; prima sono solo lacrime, piagnistei e un darla a destra e a manca nel tentativo di accalappiare un potenziale marito. Eppure è una bella donna, dirige una galleria d'arte, fa vita mondana e ha tre amiche fantastiche. Ma per lei niente ha senso senza l'uomo.
Non sopporto nemmeno Samantha, la ninfomane, che si fa ogni uomo che incontra più per compulsione che per reale piacere. Non sono affatto una puritana, ma tutto quel sesso fine a sé stesso mi lascia un'impressione di squallore... più che piacere condiviso mi sembra merce consumata con ostentazione, per occultare la propria insicurezza e dare al mondo l'impressione di "potere". Ma il "potere della figa", di grazia, che potere è? Un potere finto, perché se non sei tu a darla ci penserà un'altra, e allora è una gara a chi la da via prima che in definitiva giova solo agli uomini.
L'unica che si salva forse è Miranda, schietta e con la testa sulle spalle. Ma a conti fatti l'impressione generale non è delle migliori: dal telefilm emerge un mondo femminile dipendente e insicuro, ossessionato dalla vecchiaia incombente, dalle mode e dalla necessità di trovare a tutti i costi un uomo, che non tiene in nessuna considerazione la realizzazione personale e lavorativa delle quattro protagoniste, tutte provviste di lavori stellari e di successo a cui però sembrano non dare la minima importanza; addirittura Charlotte, appena trovato l'uomo, si affretta a lasciare il suo, facendo così capire che per lei il lavoro era solo un modo per occupare il tempo in attesa dell'uomo giusto. 
Uomini, uomini, uomini. E poi vestiti, firme e glamour; pettegolezzo, aperitivi e scarpe con tacchi così alti che ti fanno male i piedi solo a guardarle. 
Mi sapreste dire, di grazia, in cosa sarebbero emancipate le donne di questo telefilm? Sono forse diverse dalle loro antenate ottocentesche solo perché hanno sostituito tè e pasticcini con sushi e cucina cinese? O perché indossano autoreggenti e push-up anziché corsetti e trine? O forse la rivoluzione sta nel prendere il taxi anziché la carrozza? Mistero. La verità è un'altra.
Se fosse davvero emancipata, Carrie darebbe un bel calcio in culo a Mister Big e si metterebbe con quel gran bravo ragazzo di Aidan, che la ama sul serio e non le manca di rispetto. Se fosse davvero emancipata, Charlotte sarebbe felice anche senza trovare marito, consapevole che il valore di una donna risiede in sé stessa, non nell'uomo che si mette accanto. 
Se fosse realmente emancipata, Samantha scoperebbe solo con uomini che le piacciono e di cui il giorno dopo ricorda il nome. 
E allora ho capito che Sex and the City non è affatto dalla parte delle donne, come vorrebbero farci credere. Al contrario, Sex and the city sta al femminismo come Uomini e Donne sta alla cultura. 
Un consiglio? Se noi donne desideriamo davvero emanciparci, spegniamo la tv e apriamo un libro. Possibilmente non di Melissa P.

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