L’inizio della primavera
mi rende al contempo malinconica e intollerabilmente felice. Anzi no, non è
esattamente malinconia, è un sentimento strano che mi aleggia intorno, che mi
appesantisce e mi fa piangere, come una farfalla che vorrebbe tanto spiccare il
volo, ma non ci riesce.
Le ali sembrano fatte di piombo, il corpo è attratto
dal cemento da una forza di gravità ben più potente di quella terrestre. Forse è
proprio così che mi sento.
Dico forse, perché non è chiaro neanche a me. Strappata
in due, lacerata dentro, con una voglia infinita di completezza e l’impossibilità
di capire ciò che sento, di distinguere bisogno e paura, amore e solitudine.
A volte mi sento felice,
a volte le lacrime scendono da sole e non capisco cosa ci sia in me che non va.
Il problema è che io sono così sensibile che niente mi scivola addosso, ogni cosa
lascia il suo marchio, persino una piuma fisserebbe la sua impronta scivolando
sulla cera calda di cui mi sento fatta in questi giorni di metà marzo.
Come
cera, mi sciolgo.
Mi sciolgo in lacrime senza motivo, si scioglie il rimmel che
cola lungo le guance ma quel nodo che mi stringe la gola non si scioglie mai, e
ogni volta ho paura che non andrà più via.
Credo nelle vite precedenti perché
tutte queste sensazioni che provo sono decisamente troppe per una vita sola.
Oggi è stata
una giornata strana, sotto molti aspetti: una mattina di sole, tiepida a tratti, gelida all’ombra, con
un pomeriggio che già sapeva d’estate e di tutte le promesse che questa
stagione porta con sé. Promesse spesso disattese, senza le quali però non
potremmo vivere.
Vorrei svegliarmi una mattina di primavera e riscoprirmi pura,
intatta come forse un essere umano è soltanto quando per la prima volta
apre gli occhi sul mondo. Limpida e trasparente come l’acqua di un ruscelletto
che scende giù dalla vetta di una montagna.
A volte penso che la vita di ognuno di noi sia come
quel ruscelletto: una lenta ma costante discesa in cui non puoi fare a meno di
caricarti del fango che incrocia la tua via, della sporcizia di chi del tuo ruscello
si serve avidamente finché ha sete, e poi ci piscia dentro, cambiando strada.
Quando arrivi a valle, ti hanno ormai insegnato a essere torbida, a non lasciar
trasparire cosa c’è sul fondo, gelosamente custodito tra la sabbia spessa, i
ciottoli e il grigio delle acque.
La maggior parte della gente non si pone mai
il problema di ciò che è diventata, di quanto sia differente il suo reale modo
di essere da ciò che si costringe a provare, a vivere, a fare.
La maggior parte
della gente è sporca, è ambigua, è incattivita.
Non è davvero così, lo è diventata, ma in fondo si tratta di una situazione comoda, perché si può sempre dare colpa agli altri, alle delusioni, alla sofferenza patita.
C'è sempre una giustificazione per essere diventati stronzi.
E io sto lottando per non
diventare come loro - non voglio diventare come loro, quelle persone che cercano
di trascinarti nel loro inferno personale perché troppo infastidite dal vedere che
esiste ancora gente che ci crede, gente che porta rispetto ai sentimenti
e alle persone e che desidera vivere una vita vera, sincera.
Bruciate tra le fiamme che voi stessi avete acceso, dimenatevi nei vostri inferni, rotolatevi nella merda, visto che in fondo ci si abitua a tutto, ma
per piacere – per piacere – evitate di trascinare con voi le persone che dite
di amare solo per sentirvi meno soli, meno piccoli.
Meno miserabili.