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giovedì 21 luglio 2011

Memories of an other life

"Eppure adesso la prima cosa che affiora nella mia mente è proprio quel prato tra le montagne. L'odore dell'erba, il vento che portava dentro sè un gelo sottile, il profilo dei monti, l'abbaiare di un cane: sono queste le cose che per prime mi si affacciano in mente. Chiarissime.
Talmente chiare che ho quasi l'impressione, se allungo la mano, di poterne seguire i contorni con le dita ad una ad una.
Ma in questo paesaggio non ci sono figure umane. Non c'è nessuno.
Naoko non appare, io nemmeno. E mi chiedo dove siamo andati a finire noi due. Come è potuto succedere? Dove è andato a finire tutto quello che ci sembrava così prezioso, dov'è lei e dov'è la persona che ero allora, il mio mondo? Ma è inutile, ormai non riesco nemmeno a ricordare facilmente il viso di Naoko. Quello che mi resta è solo lo sfondo: un paesaggio senza figure.

Naturalmente, con un pò di tempo riesco a richiamare alla mente il suo viso.
Ma prima appaiono le sue piccole mani fredde, quei bei capelli lisci così leggeri al tocco, i lobi delle orecchie morbidi e rotondi con sotto un piccolo neo, l'elegante cappotto di cammello che portava spesso d'inverno, quel suo modo di fare una domanda guardando sempre l'altro dritto negli occhi, la voce che a volte tremava per qualche ragione (era come se parlasse su una collina dove soffiava un vento fortissimo). E sole se metto insieme queste immagini, ad una ad una, allora il suo viso mi appare naturalmente, in un soffio. (...).

Però, per ritrovare in questo modo il viso di Naoko, ci vuole un pò di tempo.
E col passare degli anni, il tempo si allunga sempre di più. E' triste ma è così. Mentre prima per ricordarla mi bastavano cinque secondi, i cinque secondi sono diventati dieci, poi trenta, poi un minuto.
Il tempo si è allungato pian piano, come le ombre al tramonto. E mi chiedo se di questo passo alla fine il suo viso non sarà inghiottito dall'oscurità.
Non c'è dubbio che la mia memoria si stia allontanando da Naoko. Proprio come io mi sto allontanando dal ragazzo che ero allora.

Così solo quel paesaggio, il paesaggio di quel prato in ottobre, come la scena chiave di un film, mi ritorna senza fine alla mente.
E quell'immagine continua insistente, in qualche parte di me, a tirarmi dei calci e a gridare: ehi, svegliati! Non vedi che sono ancora qui? Svegliati e sforzati di capire. Di capire cosa ci sto a fare ancora qui. Non è che mi faccia male.
Non provoca nessun dolore. Ogni volta che tira dei calci si sente solo un rumore sordo, un rumore che forse finirà prima o poi anch’esso per scomparire come è scomparso tutto il resto.(…)

Naoko , le mani di nuovo ficcate nelle tasche della giacca, non guardava niente in particolare ma sembrava assorta nei suoi pensieri.
- Ehi, Watanabe, mi vuoi bene?
- Certo – risposi io.
- Ho due favori da chiederti. Puoi ascoltarli?
- Posso ascoltarne anche tre.
Naoko ridendo scosse la testa.
- Due bastano. Il primo è che vorrei che tu capissi quanto apprezzo il fatto che tu sia venuto fin qui a trovarmi. Questo mi ha reso felice, molto… mi ha fatto veramente bene.
- Verrò ancora a trovarti – dissi – E l’altro?
- Vorrei che ti ricordassi di me. Ti ricorderai sempre della mia esistenza, e che sono stata accanto a te in questo momento?
- Certo che me ne ricorderò sempre – risposi.
Restò ferma qualche passo davanti a me, in silenzio, poi riprese a camminare.
- Davvero non ti dimenticherai mai di me? – chiese a voce bassa, quasi in un bisbiglio.
- Non ti dimenticherò mai – dissi – Ma come pensi che potrei dimenticarti?

E invece, inutile negarlo, la memoria si sta allontanando, e ho già dimenticato troppe cose. Nello scrivere seguendo i ricordi come faccio adesso, a volte vengo preso da una terribile angoscia.
All’improvviso mi assale il dubbio di stare perdendo la memoria delle cose più essenziali. Il dubbio è che tutti i miei ricordi più preziosi, accumulati in qualche zona buia del mio corpo, in una specie di limbo della memoria, si stiano trasformando in uina massa fangosa."

(tratto da "Norwegian Wood. Tokyo Blues" di Murakami Haruki)


Non ho mai letto niente che sentissi più profondamente di questo libro. 
La memoria è bastarda, la vita anche. 
Persone che un tempo erano tutto per noi, presto, molto presto, diventano niente, sconosciuti, e non importa quanto bene le conosci, non importa quanto le hai amate, un giorno non saprai più niente di loro e loro niente di te.
E quel volto che era impresso a fuoco nella mente, al punto che bastava chiudere gli occhi per evocarlo più nitidamente che in una fotografia, adesso sta svanendo, i lineamenti si dissolvono come i contorni di un ritratto a tempera su cui sia innavvertitamente caduta dell'acqua, e fatichi a ricordare il colore degli occhi, a capire se certe espressioni appartenevano a lui o a qualcun'altro delle decine di uomini che ha conosciuto negli anni.
Perfino la voce, quella voce che avresti riconosciuto tra mille altre, adesso hai il dubbio che se la sentissi per strada probabilmente nemeno ti volteresti.
La memoria è crudele... è un colabrodo, tiene ciò che le pare seguendo i suoi incomprensibili capricci, il resto lo butta via...
Dicono che si tratti di rimozione, dicono che ciò accada per non farci più male di quello che già ci siam fatti.

Ma esiste niente di più doloroso del perdere i ricordi? 
E' come perdere le persone due volte. 
E lo so anch'io che la vita scorre, che è inevitabile perdere alcune cose, persone, trovarne altre, che se fosse statica non sarebbe vita, però so anche che non tutte le persone riescono ad adattarsi a queste regole. 
Io non riuscirò a legarmi più a nessuno, perchè non potrei mai sopportare un altra fine, piuttosto non inizio niente.
Non è per me, io non sono così, non sono una che si innamora, non sono una che perde la testa, non sono una banderuola purtroppo, non sono una che parla a vanvera, che dice "amore" con facilità. In questo io e Bi ci somigliamo molto.
La facilità dei sentimenti non è per me, per quanto mi sforzi.
Sono una dagli attaccamenti tenaci, che non svaniscono facilmente, ma quando svaniscono dentro lasciano un vuoto che è peggio di un baratro, un buco nero che puoi solo coprire, perchè per colmarlo non basta il resto della vita.
L'ho coperto bene, ma io so che c'è, mi ricorda la sua esistenza ogni volta che vorrei sentire qualcosa e invece sento solo indifferenza.

Quello che mi ha salvata, che mi ha permesso di soffrire relativamente poco rispetto a quanto mi sarei aspettata, al punto che ha stupito anche me, è che in fondo io sono sempre stata tremendamente sola, mi sono sempre sentita sola, con chiunque fossi, e da questo punto di vista non mai è cambiato granchè, in nessun periodo della mia vita. Anzi, credo che la solitudine a due, come la chiama Fromm, sia nettamente peggiore.
Un conto è sentirsi solo in una camera vuota, un conto è sentircisi in un posto affollato di gente....lì non puoi mentire a te stesso, sai che la solitudine è dentro di te e puoi fare ben poco per scacciarla.

Chi mi conosce bene lo sa, io le persone che amo le tormento sempre con la domanda "mi vuoi bene?".
Lo facevo fin da piccolina con mia madre, che arrivava a non poterne più.
Le urlavo "dimmelo, dimmelo, dimmelo!" e se non lo faceva mettevo il muso.
Non so perchè lo faccio. O forse si. Vorrei essere protetta dal male, sapere che quella persona se mi vuol bene non mi abbandonerà, non mi farà soffrire, perchè io per prima dentro di me so che è vero il contrario. Lo so con certezza.
Non so perchè sono cresciuta così male, così fragile.
So solo che ho cominciato a elemosinare amore molto presto, e non ho mai smesso. Fino ad oggi. Ma mi viene il dubbio che ho smesso solo perchè non nutro più l'illusione che ne riceverò.

1 commento:

  1. Chi apprezza murakami ha grande delicatezza d'animo. Riesce a cogliere la brezza, leggera, dei sentimenti più puri...
    Non disperare, mai.

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