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giovedì 26 maggio 2011

L'uomo del destino (Suspense Tale 2011)

Di recente ho partecipato al concorso letterario Suspense Tale, indetto da Edizioni R.E.I., i cui racconti vincitori sarebbero stati pubblicati in un'omonima antologia.
Ebbene sì, nel volume c'è anche il mio raccontino :-)!
Ho deciso di postarne un paio di pagine (non tutto perché sarebbe una scorrettezza nei confronti della casa editrice), mi piacerebbe avere pareri! Buona lettura!

***

L'uomo del destino

Lucille aprì la lettera con mani tremanti. Sapeva già cosa aspettarsi, eppure ogni volta la paura l’assaliva in maniera diversa. Quella sera le attanagliò la gola, arrampicandosi su per il collo fino a farle tremare le labbra di terrore, quando vergate su un’anonima carta giallo ocra lesse le parole che ormai conosceva a memoria.

“Dì le tue ultime preghiere… Schifosa sgualdrina!”

La a finale terminava con uno svolazzo, come se l’autore – o meglio l’autrice, si corresse mentalmente Lucille, mordendosi forte le labbra – volesse in qualche modo smentire la freddezza della grafia, precisa e uniforme. Sobbalzò quando sentì un paio di colpi secchi alla porta, e istintivamente portò le braccia al petto. Nemmeno la voce rassicurante di Constance, la governante, servì a placare la galoppata frenetica e rumorosa del suo cuore.
– Lady Renaud, la sua camomilla! –
Mentre l’anziana donna posava il vassoio sul comodino, Lucille pensò che non si sarebbe mai abituata a tutte quelle attenzioni. Così come non si sarebbe mai abituata a sentirsi chiamare “Lady”. Per tutta la vita avrebbe continuato a guardarsi intorno stupita, prima di arrossire come una ragazzina ricordando che ormai quel titolo le spettava di diritto.
Quando aveva deciso di sposare Bernard, era stata felice di vedere l’orgoglio negli occhi di suo padre al pensiero del lustro che il titolo di Lady avrebbe dato alla casata dei Dumont, ricchi borghesi di provincia. Non aveva certo pensato che a Parigi tutti l’avrebbero guardata con disprezzo, considerandola una miserabile parvenue, ma soprattutto non aveva pensato che Bernard le aveva chiesto di sposarlo mentre era già formalmente impegnato con un’altra.
Lucille chiuse gli occhi nel vano tentativo di trattenere le lacrime, ma non poté impedire che due rivoli sottili attraversassero le guance bollenti, finendo sulla seta del cuscino.
L’unica scusa che aveva per non aver interrotto il fidanzamento una volta saputo che Bernard era promesso a un’altra, era il fatto che lo aveva amato.
Ma perfino quella debole giustificazione era venuta meno nel giro di pochi mesi.
Lei non amava Bernard. Certo non come lui amava lei, al punto da interrompere bruscamente ogni rapporto con Camille… la bellissima Camille dagli occhi verdi e le movenze sinuose di una gatta. Il suo sentimento, invece, non era altro che una copia sbiadita dell’affetto che provava per Adrien, suo fratello. Ma come avrebbe potuto riconoscere l’amore, se nessuno le aveva mai fatto battere il cuore? Aveva conosciuto la passione amorosa solo attraverso le eroine dei romanzi che leggeva di notte vicino alla finestra, con la sola complicità della luna, per impedire che suo padre vedesse filtrare il lume e s’insospettisse. Nessun uomo era mai stato in grado di farla arrossire e tremare, nessun uomo le aveva mai fatto desiderare di essere baciata sulle labbra. Con i suoi occhi dolci e quel sorriso fanciullesco sul volto paffuto, Bernard era stato soltanto il più simpatico tra i giovanotti che le avevano fatto corte, l’unico che aveva rispettato il suo naturale riserbo.
Ma tutto questo era successo prima. Le sembrava fossero passati anni da allora, anche si trattava solo di qualche mese. Non avrebbe mai dimenticato il giorno del suo matrimonio… Lo stesso il cui aveva conosciuto Andrè.
Lucille tirò la coperta fin sopra al mento. Non doveva pensarci. Non poteva permetterselo, non in quel momento, con lui che dormiva a poche porte di distanza.
A quel pensiero sentì il cuore stringersi in una morsa al tempo stesso dolorosa e piacevole.
Incapace di rimanere un secondo in più nell’immenso lettone vuoto, infilò la vestaglia e raggiunse la finestra. Era una notte senza luna, e il giardino della tenuta si perdeva in un’oscurità senza inizio e senza fine, intervallata solo dal riverbero scintillante dei lumi con cui i domestici di guardia badavano ai cavalli degli ospiti. Il giorno dopo si sarebbe tenuto il primo ballo d’inverno, il più importante, quello che avrebbe inaugurato la stagione parigina.
Rabbrividì leggermente nel sottile velluto della camicia da notte. Si passò un dito sulle labbra, e le sentì bruciare al tocco. Sapeva che non sarebbero più state le stesse… Mai più.

L’uomo scivolò silenzioso tra gli alberi, confondendosi tra le ombre della notte. Arrivato a pochi metri da un’entrata laterale, si fermò di colpo. Aveva sentito la sentinella avvicinarsi, forse insospettita dal nervoso nitrare di uno dei cavalli più giovani. Ma il giovane paggio si allontanò subito, richiamato dal compagno con cui stava giocando a carte sotto il porticato.
Infilarsi in casa e raggiungere la stretta scala a chiocciola che portava alle camere da letto della famiglia fu un gioco da ragazzi. Nel giro di un paio di minuti sarebbe stato fuori dalla sua parta.
Sogghignò tra sé, gli occhi accesi d’eccitazione.
Quella notte Lucille avrebbe avuto una bella sorpresa.


– Posso accompagnarti? – André le aveva afferrato il braccio mentre cercava di sgattaiolare via facendosi largo tra la folla. Nessuno badava più a lei, erano tutti impegnati a spettegolare sorseggiando calici di champagne. Lucille si era divincolata di scatto, riconoscendo la sua voce ancor prima di voltarsi. Aveva gli occhi lucidi e le guance in fiamme, e temeva di poter scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Andrè si era limitato ad annuire con aria comprensiva e l’aveva seguita sul terrazzino più piccolo, quello nascosto agli invitati da una cascata di tende color crema.
– Non ce la faccio più! – gli aveva confidato con voce spezzata, sforzandosi disperatamente di ricacciare indietro le lacrime.
L’aveva sentito sospirare, un sospiro che era quasi un ruggito, roco e impotente.
– Mi dispiace – aveva detto. – Nemmeno io posso giustificare il comportamento di Camille. Mia sorella ha oltrepassato ogni limite. –
Qualcosa nella sua voce, forse il tono tenero e quasi implorante con cui aveva parlato, l’aveva indotta a voltarsi per guardarlo. Il cuore le era balzato in gola quando si era accorta che lui era molto più vicino di quanto pensasse... (continua).

***

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1 commento:

  1. Salve,
    volevo segnalare il blog http://dlfcosenza.blogspot.com... troverai concorsi letterari... e non solo!

    Fabiola

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