Seppe
di aver toccato il fondale ancor prima che la sabbia si insinuasse tra le
lische della coda. Annaspò
alla ricerca d’acqua, mentre l’aria limpida e fredda le graffiava la gola. Era
solo questione di tempo prima che il suo corpo si abituasse all’aria e le
branchie si schiudessero per permettere ai polmoni di funzionare correttamente.
Un processo doloroso, ma inevitabile. Guardò
dietro di sé sua sorella Ananke che volteggiava ignara del pericolo.
Avrebbe
voluto urlarle di allontanarsi più in fretta che poteva, di tornare al largo,
dove l’oceano scavava profondità inaccessibili alle creature della terra, ma
non ne ebbe il tempo. Un laccio di ferro le si conficcò nel derma coperto di
lische, intaccando la struttura interna della coda. Urlò
di dolore, piegandosi in due nella trappola trasparente e letale. Qualche
metro più in là, Ananke si dibatteva disperatamente in un’altra rete. Un’acuta
stilettata di colpa le trafisse il cuore. Avevano sbagliato ad avvicinarsi alla
costa… lei, che era la maggiore, avrebbe dovuto tenere a freno l’imprudenza di
Ananke. All’improvviso
sentì le loro grida. Uomini, tanti uomini.
Come tutte le creature del mare,
Surya conosceva la loro lingua, sapeva che quei versi disarticolati indicavano
soddisfazione, vittoria.
Si
guardò intorno, terrorizzata. Solo allora si accorse che quel tratto di mare
era interamente ricoperto di reti invisibili, messe lì apposta per loro…
Amerigo
era solo nel salone delle feste. Aveva mandato via i servitori e gli uomini
incaricati di tinteggiare le pareti per la cerimonia d’investitura del nuovo
sovrano, che si sarebbe tenuta di lì a qualche giorno, al ritorno di Rolando.
Le labbra dell’uomo si incresparono in una smorfia. Rolando, l’erede al trono che suo padre aveva indicato come
successore sul letto di morte. Scavalcando ogni buonsenso e ogni tradizione, il
vecchio aveva scelto il figlio minore, che a sedici anni si era arruolato
nell’esercito per tornare in patria solo una volta l’anno.
Un
soldato su trono di Cornovia, il più esteso e prospero di Occidente!
La
smorfia di Amerigo si appianò nella maschera di gelo che indossava quando era
infuriato. Le
spie che aveva messo sulle tracce di suo fratello gli avevano riferito che
sarebbe sbarcato in patria il ventidue giugno. I suoi uomini migliori
l’avrebbero atteso lì, schierati in forze e armati fino i denti. Rolando non
avrebbe mai immaginato quale calorosa accoglienza lo aspettava nella sua terra
natale, dove credeva di mettere piede come futuro sovrano. Le labbra sottili
dell’uomo si arcuarono in un sorriso che ricordava quello di un pescecane.
In
quel momento entrò un servitore, un ragazzino alto e magro, piuttosto scialbo.
«Sire»
esclamò, inchinandosi con deferenza. «Sta arrivando!»