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giovedì 13 ottobre 2011

"La contessa nera" - Rebecca Johns

La contessa nera
Collana: Narratori Moderni
Traduzione di: Claudia Marseguerra
Pagine: 324 
Costo: € 18.60
ISBN: 978881167034-6





Ungheria, 1611. L'alba illumina l'imponente castello di Csejthe. Nella torre più alta, una donna completamente vestita di nero è sveglia da ore. Il suo sguardo austero è rivolto verso una feritoia nel muro che mostra solo un piccolo squarcio di cielo. 
Quello squarcio di cielo è l'unica cosa che scorgerà per il resto della vita. Murata viva in quella stanza fino alla morte: così ha decretato il conte palatino. Ma la contessa Erzsébet Báthory non ha nessuna intenzione di accettare supinamente il destino che le viene imposto. Non l'ha mai fatto nella sua vita. Fin da bambina Erzsébet è stata una ribelle, innamorata solo dei libri e delle folli corse con il suo cavallo, sorda ai severi insegnamenti della madre sulle arti femminili. 
Ha solo sei anni quando, nella sua dimora tra i freddi monti della Transilvania, assiste ad atti di violenza indicibili. Atti che la segnano nel profondo e che non dimenticherà mai. 
Neanche quando, appena adolescente, è costretta a sposare l'algido e violento Ferenc Nádasdy. Un uomo sempre lontano, più interessato alla guerra e alle scorribande che a lei. Erzsébet è sola, la responsabilità dei figli e dell'ordine nel castello di Sárvár è tutta sulle sue spalle. Spetta a lei gestire alleanze politiche e lotte di potere. 

Lotte sanguinose, piene di sotterfugi e tranelli, che fanno emergere la parte più oscura della contessa, un'anima nera. Strane voci iniziano a spargersi sul suo conto. Sparizioni di serve torturate e uccise, nobildonne svanite nel nulla. Chi è davvero la donna imprigionata tra le gelide pietre di Csejthe? È solo vittima di una cospirazione per toglierle il potere? O il male è l'unico modo per Erzsébet di sopravvivere in un mondo dominato dagli uomini?
Un romanzo magistrale e potentemente evocativo. Venduto in tutto il mondo dopo agguerrite aste, La contessa nera si ispira alla figura della prima serial killer della storia, Erzsébet Báthory, la contessa sanguinaria. Padrona spietata, torturatrice di centinaia di giovani donne, assassina crudele. Questo è quello che dice la leggenda. 
Ma la verità è un'altra. È la verità di una donna fragile, inquieta, ribelle. Con tutte le sue debolezze, ma anche tutta la sua forza.

Madre. Amante. Strega. Assassina.
A volte il male è l'unico modo per difendersi.
 Erzsébet Báthory, figlia della più antica e nobile casata d'Ungheria, non è una strega o una pazza, un'assassina o una criminale. 
E non ha nessuna intenzione di accettare supinamente il suo destino.

«Un romanzo che è più di un'accurata ricostruzione storica. È un'indagine psicologica profonda e veritiera di un'anima oscura, sospesa tra le luci e le ombre della vita. Ne sentiremo parlare a lungo.»
«Library Journal»

«Terribile e seducente. Le atmosfere gotiche sono potenti, intense, e la contessa Báthory è un personaggio impossibile da dimenticare.»
«Publishers Weekly»

«La prospettiva unica di una donna divisa tra l'odio e la passione.»
«Chicago Sun Times»


Alle vicende della contessa sanguinaria è stato ispirato un film, "Bathory"

Regia: Juraj Jakubisko
Sceneggiatura: John Paul Chapple, Lubomir Feldek, Juraj Jakubisko
Fotografia: F.A. Brabec, Ján Duris
Montaggio: Chris Blunden
Musica: Simon Boswell
Interpreti: Anna Friel, Karel Roden, Vincent Regan, Hans Matheson, Deana Horváthová, Franco Nero, Antony Byrne, Bolek Polívka
Nazione: Slovacchia, Repubblica Ceca, Gran Bretagna, Ungheria
Anno: 2008
Durata: 141





Il Trailer 



Dice di lei Wikipedia...
"Per passare il tempo quando il marito era lontano da casa, Erzsébet cominciò a far visite alla contessa Karla[senza fonte], sua zia, ed a partecipare alle orge da lei organizzate. Conobbe nello stesso periodo Dorothea Szentes, un'esperta di magia nera che incoraggiò le sue tendenze sadiche. Dorothea e il suo servo Thorko insegnarono a Erzsébet la stregoneria.
Ecco cosa scrive in una lettera al marito:
« Ho appreso da Thorko una nuova deliziosa tecnica: prendi una gallina nera e la percuoti a morte con la verga bianca; ne conservi il sangue e ne spalmi un poco sul tuo nemico. Se non hai la possibilità di cospargerlo sul suo corpo, fai in modo di procurarti uno dei suoi capi di vestiario e impregnalo con il sangue. »
Erzsébet riteneva un affronto intollerabile la fuga di una serva e la punizione era quasi sempre la morte. Una sera, una ragazza di 12 anni, Pola, riuscì a fuggire dal castello con indosso solo una lunga camicia bianca. Venne presa poco dopo e condotta dalla contessa, la quale la costrinse ad entrare in una gabbia cilindrica troppo stretta per sedersi e troppo bassa per stare in piedi. 
Immagine tratta dal film "Bathory" (2008)
La gabbia venne quindi sollevata da terra tramite delle carrucole e spinta contro dei paletti appuntiti. Il nano al servizio di Erzsébet, Fizcko, manovrò le corde in modo che la gabbia oscillasse: in questo modo, il corpo venne fatto a pezzi. 
In un'altra occasione, in pieno inverno, fece condurre nel cortile, sotto la sua finestra, delle ragazze denudate. Ordinò quindi di versare acqua su di loro. Le ragazze morirono per assideramento.
Suo marito non era da meno: una volta ai due sposi venne il sospetto che una serva si fosse finta malata, le fecero così infilare tra le dita dei pezzi di carta impregnati d'olio a cui fu poi dato fuoco; dopo questo fatto ben pochi osarono dichiararsi ammalati. I segni della sua pazzia si palesavano sulle sue serve, punite sempre più duramente per i loro errori.
Si dice che un giorno, dopo averne schiaffeggiata una, alcune gocce di sangue colarono dal naso di questa sulla mano della contessa. La Báthory credette, in seguito, che in quel punto specifico della mano la sua pelle fosse ringiovanita. 
Chiese agli alchimisti delucidazioni. Costoro, pur di compiacerla, si inventarono la storia che raccontava di una giovane vergine il cui sangue aveva avuto effetti analoghi sull'epidermide raggrinzita di un aristocratico. 
La Báthory, finì con il convincersi che fare abluzioni nel sangue di vergini giovani (in particolare della sua stessa classe sociale), o di berlo, quel sangue, quando queste fossero state particolarmente avvenenti, le avrebbe garantito la giovinezza eterna.[senza fonte] Si stima che abbia cominciato ad uccidere nel periodo tra il 1585 ed il 1610. Il marito ed i parenti sapevano delle sue inclinazioni sadiche, ma non intervennero. Cominciò a torturare e ad uccidere barbaramente giovani contadine, ed in seguito, anche le figlie della piccola nobiltà. Infatti, nel 1609 Erzsébet istituì, nel suo castello, un'accademia che aveva come fine (ma solo formale) l'educazione di ragazze provenienti da famiglie agiate. 
Le sue vittime, venivano spogliate, incatenate a capo in giù, quindi, seviziate. Le loro gole venivano recise ed il sangue scorreva lungo i corpi, pronto per essere raccolto e usato da Erzsébet. Si narra che la Contessa abbia fatto costruire da un orologiaio svizzero un marchingegno chiamato "Vergine di Ferro" (simile alla futura Vergine di Norimberga), la quale aveva la forma di una donna dai lunghissimi capelli biondo argenteo (probabilmente appartenuta a qualche fanciulla uccisa da lei stessa) che arrivavano fino quasi ai piedi. 
Ogni qualvolta una ragazza le si avvicinava, la Vergine di Ferro alzava le braccia e stringendola con una morsa mortale la uccideva, trapassandola con dei coltellacci acuminati fuoriusciti dal petto.
La fine
Quando le denunce per le sparizioni delle signorine aristocratiche arrivarono alla Chiesa cattolica, l'imperatore Mattia II intervenne ordinando un'indagine sulla nobildonna. Gli inviati dell'imperatore entrarono di nascosto nel castello e colsero sul fatto la Báthory mentre torturava alcune ragazze; trovarono anche in molte stanze e nelle prigioni diversi cadaveri straziati e donne ancora vive con parti del corpo amputate. Fu incriminata e murata viva nella sua stanza con un foro per ricevere il cibo. Morì suicida quattro anni più tardi, lasciandosi morire di fame in cella. 
Altre quattro persone, tra cui la fedelissima badante Ilona Joo e l'amante Laszlo, un esponente della piccola nobiltà locale, suoi complici furono condannati e torturati con le seguenti sentenze: Fizkco, venne decapitato e gettato nel fuoco, Ilona Joo ebbe le dita amputate e bruciata viva assieme a Dorko. Non si sa invece che fine abbia fatto Katalyna Beniezky, la meno cattiva del gruppo della Contessa Bathory.
Non è mai stato chiarito il numero esatto delle sue vittime, ma dai suoi diari e i suoi appunti emergono 650 nomi accuratamente trascritti. Questo farebbe di lei la più efferata e prolifica serial killer della storia. 
Ma, come indicato sopra, gli storici hanno portato le vittime in una soglia compresa tra le almeno 100 e le circa 300. 
La sua storia sfuma nella leggenda ed è condita di tradizioni popolari. Erzsébet Báthory è infatti diventata un personaggio di culto dell'immaginario vampiresco, quanto il celebre principe Vlad III Dracula di cui fu anche parente.
La contessa divenne estremamente potente alla morte del marito Ferenc Nadasdy, avvenuta nel 1604. A seguito del decesso del marito divenne amministratrice dei beni del figlio di soli sei anni.
La contessa acquistò ancora più potere quando nel 1607 il principe Gabor Bathory, nipote della contessa Erzsébet, venne eletto Principe di Transilvania. 
Tale elezione fu a scapito del potente conte Gyorgy Thurzo.
È stato lontanamente ipotizzato (ma ciò non può essere accertato) che la congiura ai danni della contessa fu organizzata dallo stesso Thurzo, divenuto Conte Palatino d'Ungheria nel 1609, che il 5 marzo 1610 ordinò l'inchiesta iniziale contro Erzsébet, sulla base di alcune denunce anonime. Ma sembra che le denunce non siano arrivate da lui ma direttamente a Mattia II. 
Ad approfittare dell'occasione fu il sovrano d'Ungheria Mattia II, il quale vide nel "processo Bathory" la possibilità di confiscare l'imponente patrimonio della famiglia della Contessa e ridimensionare l'influenza politica della sua famiglia. 
Fu il re a firmare il decreto di prigionia per la contessa, obbligandola alla fissa dimora in un luogo rinchiuso, per soddisfare le impellenti richieste delle famiglie nobili delle vittime uccise e dissanguate.

 *La mia Recensione & Videorecensione"

La contessa nera, di Rebecca Johns, è un romanzo basato sulla vicenda (vera) di quella che è considerata la prima serial-killer della storia, la contessa Erzsébet Bàthory, vissuta in Ungheria tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. Le testimonianze scritte e orali – cui la Johns ha attinto a piene mani, svolgendo un metodico e accurato lavoro di ricerca – ci consegnano il ritratto di una donna spietata e sanguinaria, che torturava in mille modi diversi le giovani donne che avevano la sfortuna di prestare servizio presso la sua dimora. 
Priva di scrupoli, assetata di sangue e vendetta, la contessa Bàthory è passata alla storia come una pazza, una strega e un’assassina, al punto da venire anche soprannominata “la contessa Dracula”.
Ma quanto c’è di vero in tali storie, tramandate nei secoli e inevitabilmente ingigantite, se non addirittura stravolte, dalla fantasia popolare, sempre così bisognosa di capri espiatori per spiegare l’inaccettabile? 
La contessa nera, pur essendo a tutti gli effetti un romanzo storico, duro e cupo, denso di eventi realmente accaduti e incastonato come una gemma tra pezzi di storia ungherese, è tuttavia pur sempre trasfigurato dall’immaginazione letteraria e dalla fantasia dell'autrice, straordinaria nel presentarci gli eventi dal punto di vista della contessa, ormai prigioniera, murata viva dal conte palatino nello stesso castello che aveva visto svolgersi le sue malefatte. 
È destinata a morire sola, probabilmente senza poter rivedere i figli Anna, Kata e Pal, che pure ama di un amore sincero e talora ossessivo, un amore capace di realizzare il male pur di preservare il loro bene.
Attraverso le parole lucide e precise della contessa, riviviamo l’intera sua vita, sin da quando, dopo la morte del padre, poco più che bambina, fu costretta a lasciare la propria casa natale, l’adorata madre e le sorelline, per recarsi a vivere con la futura suocera nell’immenso castello di Sarvar. Da lì è un crescendo di esperienze e di consapevolezza, di soddisfazioni personali costellate però da altrettante amarezze e disillusioni: dal matrimonio col nobile, ricchissimo Ferenc Nadasdy, algido e violento, più interessato alla guerra e alle tresche con le servette che a lei, alla nascita dei figli e alla morte di alcuni di loro.
Sotto gli occhi via via sempre più coinvolti del lettore, si consuma la progressiva follia di una donna sola contro tutti, tradita dagli uomini che ama e costretta a sopravvivere in un mondo fatto a misura maschile, dove probabilmente per una donna gli unici modi per sopravvivere, per non soccombere sotto il peso di soprusi e umiliazioni, erano la violenza e un cuore di pietra.
E infatti è proprio questa l’ultima, disperata difesa di Erzsébet contro quella società che l’ha sfruttata finché ha potuto, rivoltandosi contro di lei senza alcuno scrupolo: si è solo difesa, scrive dalla cella al figlio Pal, ha solo cercato di proteggere i propri beni, e i propri figli, dalla furia cieca del mondo. 
Le parole della contessa rappresentano in fondo anche un’accorata difesa di tutte le donne che a lungo, nei secoli, sono state costrette a rivoltarsi le une contro le altre in un mondo che per sopravvivere concedeva loro un’unica chance: trovare un uomo di cui essere, insieme, ornamento e appendice.



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