Da un po' di anni mi trovo a riflettere su questioni teoriche e apparentemente irrilevanti come il valore dell'umiltà, la superbia, la voglia di primeggiare a ogni costo e la frustrazione che ne deriva se certe ambizioni vengono disilluse.
Quello che ultimamente mi ha portato a fare più spesso certe riflessioni è che ho sperimentato questi concetti astratti sulla mia pelle. Quello che sembrava un filosofeggiare senza utilità, ha rivelato tutta la sua importanza; in altre parole, io credevo che il mio rimuginare fosse vano, tempo sprecato, ma all'improvviso ho capito che nella vita se non hai gli strumenti per capire le cose che ti succedono, per decodificarne il significato, leggendo tra le righe e mettendo in pratica gli insegnamenti che si possono trarre, rischi di travisare tutto e fare le scelte più sbagliate. Riflettere serve eccome. Mi spiego meglio.
Certo, credo di valere qualcosa, di saper fare bene determinate cose e altrettante male, ma fondamentalmente non sono sicura di me al punto da osare e tentare di raggiungere i massimi risultati nelle attività cui mi dedico, nei lavori che faccio. Ho sempre pensato che questo fosse un difetto, anche perché spesso la mia presunta incapacità si è rivelata esistere solo nella mia mente, perché alla prova dei fatti ho sempre ottenuto risultati brillanti, se non di più.
Ma tutti questi successi, chissà perché, non sono serviti affatto a rendermi più sicura.
Al contrario, puntualmente mi ridimensiono da sola, e quando alla fine riesco nelle cose, mi rimprovero per non aver creduto abbastanza in me stessa e magari ho dei rimpianti, pensando a quello che avrei ottenuto se una volta tanto avessi "osato" davvero.
Però mi sono accorta che la mia tanto disprezzata umiltà ha i suoi vantaggi eccome.
Mi permette di recepire critiche e consigli, e anche se da una parte mi buttano giù, prenderli per il verso giusto, cercando di sfruttarli per migliorare, alla lunga da i suoi frutti. Faccio un esempio pratico.
Il mio primo romanzo - approfitto per ricordare che uscirà il 25 marzo! - l'anno scorso ha partecipato a un Torneo Letterario in cui i partecipanti dovevano giudicare le opere altrui e ricevere altrettanti giudizi. Quando ho ricevuto i miei, confesso che ci sono rimasta un po' male.
Su 10 giudizi, due erano ottimi, 4 buoni o così così, i restanti 4 pessimi. C'era un lettore in particolare che mi aveva praticamente massacrata, non risparmiandomi una certa dose di cattiveria. Passato lo scoramento iniziale, ho riletto i giudizi (anche quello cattivo) e con sorpresa mi sono trovata a pensare che le critiche che erano state mosse al mio manoscritto non erano affatto campate in aria. Anzi, molti difetti li avevo già notati io (ovviamente sono anche iper-critica).
Così mi sono rimessa al lavoro e ho radicalmente modificato il testo alla luce delle cose che mi erano state fatte notare. Risultato? Il libro sarà pubblicato, cosa che sono convinta non sarebbe mai successa alla sua versione originaria.
La persona superba, troppo sicura di sé, difficilmente si espone alle critiche, rare volte è davvero capace di mettersi in gioco. Inconsapevolmente, spesso considera gli altri inferiori, non in grado di darle consigli. E se li riceve non li tiene in considerazione. Quando fallisce, tende a dare la colpa agli altri. Alle gente che non capisce nulla, ai critici che sono più ignoranti dei profani, ai gusti beceri del popolino, al governo ladro e chi più ne ha più ne metta.
Ecco, ho capito che essere troppo arroganti e convinti molto spesso è controproducente.
Uno, perché senza un briciolo di umiltà difficilmente si migliora; la persona che crede di non aver nulla da imparare rimarrà sempre ferma dov'è.
Due ( e questo me l'ha insegnato poco tempo fa una persona molto saggia), mentre l'umile tollera fin tropo bene le sconfitte, considerandole parte della sua vita e in un certo senso naturali, l'arrogante non se farà mai una ragione.
Chi dei due secondo voi ha più probabilità di sviluppare una personalità fortemente frustrata, arrabbiata col mondo intero?
Nota: l'immagine che ho inserito nel testo è un dipinto di Jack Vettriano, pittore scozzese di origine italiane che amo alla follia. I suoi quadri sono tutti stupendi. Questo mi sembrava raffigurasse particolarmente bene la riflessione di una giovane e bella donna.
lascio un saluto
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