Più che un risvolto di copertina, questa breve nota vuole essere un’avvertenza ai lettori: se siete in cerca della pura evasione, di un blando intrattenimento – o, più semplicemente –, se siete deboli di stomaco, riponete questo libro e cercate altrove.
Non che qui trovereste esplosioni di violenza, o schizzi di sangue; anzi, per certi versi le pagine di questa raccolta risplendono di un perfetto nitore, una prosa pulita e sorvegliata che evoca alla mente il supremo controllo stilistico delle grandi regine del genere, come Yoko Ogawa, Shirley Jackson e Alice Munro.
Ma i dieci racconti qui riuniti – racconti che sono attraversati, come da tanti piani di sezione, da una serie di temi tra loro speculari: la musica e il suo complemento, il genio; l’arte culinaria e la sua ombra, il digiuno; il Giappone come luogo ideale, terra di epifanie – posseggono senza dubbio un tratto comune, ovvero una disarmante intensità, una straordinaria forza emotiva. Siete dunque avvisati.
Privi di un titolo, contrassegnati soltanto da un numero come i capitoli di un’unica, composita visione, questi racconti vi cattureranno e vi faranno emozionare, incalzandovi, per poi arretrare davanti ai vostri occhi, e riaffiorare in seguito nel ricordo.
Sì, qualcosa di simile è uno di quegli oggetti – come lo Zahir di cui scriveva Borges, o la «scatola dei sogni» che compare in Mulholland Drive – che di rado si incontrano nella vita di tutti i giorni, e che vi costringeranno a calarvi in un abisso ancora inesplorato, dal quale, per forza di cose, emergerete diversi.
Francesca Scotti è nata nel 1981 a Milano, dove si è laureata in Giurisprudenza. Si è diplomata in Conservatorio e suona il violoncello. Si interessa di cultura orientale e questo la porta spesso in Giappone.
Qualcosa di simile ha vinto il Premio Fucini 2011.
Recensione davvero interessante, fa venire voglia di leggerlo, come tutte le tue recensioni del resto, quando sono positive. Un libro da tenere in considerazione nella propria lista.
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