Ho comprato Crimini di sesso, di Jenefer Shute, per via della copertina sensuale e della trama accattivante.
In questo romanzo la protagonista, Christine Chandler, cerca di spiegare al giudice d'istruzione, ma soprattutto a se stessa, la dinamica che l'ha portata da quello che sembrava un flirt innocuo col giovane fotografo Scott DeSalvo, iniziato nei fumi di una sbronza di capodanno, a una sorta di attrazione pericolosa e fatale in cui il piacere, la trasgressione, l'amore fisico, diventano violenza, dolore, sangue, lotta cieca di corpi, fino al crimine sessuale di quella tragica notte, dieci mesi dopo.
Aimè, devo ammettere che la prima cosa che è ho notato di questo romanzo è stato l’editing decisamente pessimo, che per una casa editrice come la Marsilio a mio parere è davvero grave. Ovviamente l’autrice non ha alcuna colpa (anche perché il libro è stato tradotto), ma il testo presenta una quantità enorme di imprecisioni, refusi, scorrettezze e chi più ne ha più ne metta.
Passando al romanzo in sé, posso dire che mi è piaciuto abbastanza, ma che sicuramente gli manca “quel qualcosa in più” per renderlo un romanzo veramente bello. Per quanto in un certo senso l’abbia trovato “incompleto” – forse c’era bisogno di molte più pagine per ottenere appieno l’effetto introspettivo, stile flusso di coscienza, che la Shute sembra ricercare – ho apprezzato molto l’approfondimento psicologico, che poi costituisce il fulcro, la struttura dell’intera vicenda.
Il libro inizia quando tutto è già accaduto e il lettore è già al corrente della tragica conclusione della relazione tra i due protagonisti, perciò gli eventi da narrare sono pochi e per lo più ineriscono una normale storia di sesso tra un ragazzo e una donna matura; e infatti quello che l’autrice vuole raccontare è non la storia in sé, ma il modo in cui viene vissuta da Kris, la protagonista.
Crimini di sesso è un viaggio nella vita e nella personalità di questa donna indipendente e solitaria, introversa al punto che perfino i suoi racconti in prima persona danno un’idea di incompletezza, come se non volesse – o non riuscisse – ad andare a fondo di quello che è accaduto, a svelarlo completamente a chi legge e a se stessa.
Il lettore intuisce, fa congetture, ma non riesce a capire fino in fondo le ragioni di una storia profondamente malata, iniziata in maniera del tutto normale, quasi banale.
Probabilmente non le capisce la stessa protagonista, e la confusione con cui riporta ricordi incompleti, frammenti, congetture psicologiche, scene di un passato fumoso e incompleto che non viene mai svelato, tutto questo è un effetto voluto, che scatena in chi legge la voglia di capire, assieme all’impossibilità di farlo.
E proprio l’incompletezza della storia, la sensazione che si tratti di un’introspezione che in realtà rimane in superficie, da una sorta di frustrazione a chi legge… è come se vi siano premesse – e promesse – iniziali non mantenute.
Ci si aspetta di capire il perché di un crimine così efferato, ma alla fine si hanno solo un mucchio di domande in più, e la sensazione che la vicenda venga trattata in maniera troppo sommaria e approssimativa.
Ed è un peccato, perché ci sono molti spunti interessanti su cui riflettere, da approfondire… Ecco, proprio questi spunti costituiscono l’elemento migliore di un libro che fa riflettere su come si possa passare da una presunta “normalità” alla follia senza accorgersene, e di come i legami tra persone instabili, tendenzialmente depresse, creino legami malati, tante bombe a orologeria pronte ad esplodere.
E forse, leggendo vicende del genere (ovviamente i fatti narrati nel romanzo sono frutto di fantasia, ma si tratta di una vicenda molto realistica, come se ne sentono tante nella cronaca) si riesce anche a comprendere perché fin dall’alba dei secoli si parli di “Eros & Tanatos” (Tanatos=morte in greco) come di due forze indissolubilmente legate.
Ciao Rossella ti ho premiata:
RispondiEliminahttp://lasciamileggere.blogspot.com/2011/05/premio-one-lovely-blog.html
COMPLIMENTI!!!
Il tuo analisi è molto interesante... auguri.
RispondiElimina