Soffiai
forte sulle unghie laccate di rosso ciliegia.
Fuori
albeggiava mentre io mi raggomitolavo nel piumone, slogandomi la mandibola a
furia di sbadigliare e aspettando pazientemente di poter infilare anche l’altra
mano sotto le coperte.
Non so
chi mi abbia messo in testa che cose tipo mettersi lo smalto o bere una tisana
vadano fatte rigorosamente prima di andare a letto, sta di fatto che crollasse
il mondo fin da bambina mi sono sempre attenuta rigidamente alla regola:
tisana, spazzolino, smalto, un vecchio film sentimentale e una bella dormita.
Stavo
per scivolare in un sogno che prometteva bene – la prosecuzione dei miei
pensieri a luci rosse sul giovane fattorino che mi consegnava la spesa a
domicilio – quando il telefono iniziò a strillare quel suo driin sempre uguale, fatto apposta per entranti direttamente nel
cervello.
A chi
diavolo poteva venire in mente di cercarmi a quell’ora? Imprecai in molte lingue
mentre incespicavo verso l’apparecchio.
«Sii?»
sbottai, decisamente poco cordiale.
Una
parola fuori posto e avrei messo giù.
«Buongiorno,
parlo con la signorina… Valenziani?»
Esitai
un attimo prima di rispondere, mio malgrado intimidita da quella voce
sconosciuta che aveva pronunciato il mio nome con elegante lentezza e un
impercettibile accento straniero.
«Sono
io. Chi mi cerca?»
«Lavinia
Coraini, avvocato. Andrò subito al punto, per non importunarla ulteriormente qualora
la mia proposta non la interessasse.»
Fece
una pausa e io non replicai, limitandomi a fare due più due.
Nel mio
caso una proposta poteva significare una cosa sola: soldi. Perché mai non
avrebbe dovuto interessarmi?
«Un mio
cliente desidera averla per sé durante il suo soggiorno in città. Alloggerete
presso una suite dell’hotel Continental, e il suo onorario le sarà anticipato
previa firma di un contratto, con il quale lei si impegnerà a rimanere con lui
per tutti e tre i giorni…»
«Hey,
rallenta!» esclamai.
Onorario?
Contratto? Ma con chi credeva di aver a che fare quell’avvocato, con un socio
in affari?
L’unica
cosa che mi era rimasta impressa del suo discorso era l’hotel Continental.
Quello si che era un hotel!
C’era
stata giusto un paio di volte, con dei clienti occasionali ricchi quanto
bastava per permettersi una singola senza servizio in camera, ed ero quasi
impazzita circondata da tutto quel lusso… Voglio dire, chi ci crederebbe mai
che ti lascino usare certi accappatoi che sembrano di velluto da quanto sono
morbidi?
Per non
parlare delle lenzuola.
Pura
seta, potrei giurarci.
«C’è
qualcosa che non le è chiaro? Il mio cliente non vuole rivelare il suo vero
nome, per ovvie questioni di privacy, ma garantisco personalmente che non ci
saranno sorprese sgradite. Non ha gusti particolari. Niente sadomaso né orge né
violenza. Se accetta, il suo compenso orario sarà di…»
Quasi
boccheggiai udendo una cifra che se andava bene riuscivo a guadagnare in una
settimana di lavoro a tempo pieno. Dov’era l’inghippo?
«Pagamento
anticipato?» chiesi.
«Certo.
È interessata?»
Se ero
interessata? Che diamine, era come chiedere a un bambino se anziché andare a
scuola gli sarebbe piaciuto fare un giro al luna-park!
«Quando
e dove?»
«Si
presenti domani sera alle sette nella hall dell’hotel. Il portiere è informato
di ogni cosa, le consegnerà l’assegno e le farà firmare il contratto, poi tutto
ciò che dovrà fare sarà andare in camera a farsi bella.»
«Domani?
Non è possibile, ho bisogno di almeno…»
Click.
Me ne
stetti lì per un minuto buono ad ascoltare il monotono tu-tu-tu
dell’apparecchio, riflettendo sul da farsi.
***
Il
portiere mi fece segno di seguirlo oltre una porta nascosta dietro un elegante
separé in canapa.
La hall
era piena di gente, fattorini in livrea si affaccendavano col sorriso sulle
labbra per servire un gran numero di ospiti in arrivo, la maggior parte dei
quali avevano da un pezzo passato la giovinezza e ostentavano l’aria di
annoiati uomini d’affari in trasferta.
Al mio
passaggio vidi più di una testa voltarsi a guardarmi e ne fui piacevolmente
sorpresa.